Il cinema italiano mostra i denti: La ragazza nella nebbia su Netflix è un gioiello da vedere subito.
C’è un’Italia che sa essere glaciale senza bisogno della neve. Un’Italia di paesini chiusi, montagne ostili e verità sepolte sotto strati di silenzi. È in questa Italia che prende vita La ragazza nella nebbia, il thriller di Donato Carrisi che è tornato nella sezione "più visti" di Netflix e che, a distanza di anni dall’uscita in sala, continua a tenere lo spettatore incollato allo schermo come un segreto mai confessato. Siamo ad Avechot, un paesino fittizio delle Alpi, dove il Natale non porta pace, ma sparizioni. Una ragazzina dai capelli rossi, Anna Lou, svanisce nel nulla. La comunità, devota e chiusa come certi confessionali, si stringe attorno al dolore della famiglia.

Ma è quando arriva lui, l’ispettore Vogel che tutto cambia. Interpretato da un magistrale Toni Servillo, Vogel non cerca giustizia: cerca telecamere, prima ancora delle prove. La sua divisa è più mediatica che istituzionale, e nel racconto di una scomparsa costruisce uno show. L’importante non è trovare la verità, ma darle una forma vendibile. Il film inizia in una corsia d’ospedale. Un incidente. Un uomo in stato confusionale. Abiti sporchi di sangue. È Vogel, interrogato dallo psichiatra Jean Reno, presenza magnetica e silenziosa. Da lì, il racconto si srotola come un nastro impolverato: torniamo a qualche settimana prima e ci immergiamo nella spirale ossessiva di un’indagine che ha più a che fare con l’audience che con la giustizia.
La ragazza nella nebbia su Netflix: il thriller impossibile da dimenticare
La ragazza nella nebbia è un thriller psicologico che funziona perché non dà certezze. Ogni personaggio nasconde qualcosa, ogni sguardo può diventare una minaccia. Alessio Boni, nei panni del professor Martini, è lo specchio di una normalità che può sgretolarsi in un attimo. La sua calma è ambigua, i suoi silenzi fanno rumore. Galatea Ranzi è una giornalista spietata, sempre pronta a vendere una storia, vera o meno non importa. Il pubblico vuole un colpevole, e Vogel lo sa. Donato Carrisi, già autore del romanzo da cui il film è tratto, dirige con precisione chirurgica: nessun dettaglio è lasciato al caso, ogni inquadratura è pensata per insinuare il dubbio. E la nebbia, più che un elemento scenico, diventa simbolo.
Avvolge il paesino come una coscienza sporca, confonde, inghiotte. Non lascia scampo. Il successo del film, con 3,7 milioni al botteghino italiano, David di Donatello per il miglior esordio alla regia non stupisce. Piace perché non consola. Ti costringe a chiederti quanto sia facile manipolare la realtà, quanto poco serva per trasformare un sospetto in un mostro. Ora che è di nuovo tra i più visti su Netflix, guardarlo è un’occasione per scoprire (o riscoprire) un thriller che non ha paura di affondare le mani nel fango. Perché nella nebbia, a volte, è più facile vedere chi sei davvero.