La Pennicanza di Fiorello: flop inevitabile? Tre motivi dietro il naufragio radiofonico.
Non è bastato il nome di Fiorello. Non è bastata l’idea di uno spin-off leggero e spensierato dopo il successo di Viva Rai2. Nemmeno l’esperimento del “radiovisivo”, formato ibrido ormai gettonato ha fatto centro. La Pennicanza, partito il 16 maggio su Rai Radio2, è già al capolinea. Una chiusura anticipata, annunciata dallo stesso Fiorello il 2 giugno con quella sua solita ironia che, stavolta, sembrava più un velo su un piccolo dispiacere che una battuta brillante. Perché il programma, inutile girarci attorno, non ha funzionato. E i motivi sono almeno tre.
Puntare sullo shock and awe in Italia? È un azzardo. Mentre altrove l’effetto sorpresa può creare hype e spingere alla scoperta, nel nostro panorama televisivo (e radiofonico), dominato da abitudini consolidate e pubblico fidelizzato, il lancio a freddo è più un boomerang che una strategia vincente. La Pennicanza è arrivata senza squilli di tromba. Nessuna campagna pubblicitaria degna di nota, nessuna anteprima nei palinsesti, nessuna costruzione narrativa ad alimentare l’attesa. Una partenza "nascosta", quasi clandestina, che ha lasciato disorientato anche il pubblico più affezionato. Non si può chiedere al pubblico di emozionarsi per qualcosa che nemmeno sa esistere. Ma non finisce qui.
Il momento sbagliato per Fiorello: ecco perché La Pennicanza ha floppato
Giugno. Sole, vacanze alle porte, scuole chiuse, pensieri altrove. La fascia 13:45 – 14:30, in teoria una delle più "calde" per la radio, si svuota quando l’estate incombe. Rai ha messo in campo cinque autori, due registi, una struttura solida, ma nel periodo meno adatto. Lo stesso slot, in altri mesi, avrebbe potuto funzionare. Ma a giugno il pubblico non cerca nuovi appuntamenti: vuole rilassarsi, ascoltare canzoni estive, non inseguire nuovi format. E mentre il palinsesto si svuota e le fiction finiscono, La Pennicanza si è trovata in controtendenza. Un’inversione che non ha trovato ascoltatori. La Rai ci ha provato, ma tardi. Clip sparse su social, qualche video su RaiPlay, ma niente di realmente virale. Nessun passaggio forte in programmi da traino come La Vita in Diretta o La Volta Buona. Un errore clamoroso: Fiorello, più di altri, funziona quando viene “raccontato” da altri. Serve qualcuno che lo introduca, lo celebri, lo presenti al pubblico. Altrimenti, anche lui, una delle poche certezze dello showbiz italiano, rischia di passare inosservato.

E così è stato. Dietro le risate e le battute, la delusione traspare. Lo si è intuito proprio dalle parole del conduttore, che ha commentato con sarcasmo l’imminente chiusura: "Siamo troppo forti, facciamo sfigurare il resto della radio". Una battuta, certo, ma dal retrogusto amaro. Uno come lui, abituato ai bagni di folla e ai trend di Twitter, a restare ai margini proprio non ci sta. E non è abituato ai flop. La Pennicanza non ha trovato il suo spazio. Forse non l’ha mai avuto davvero. E adesso? I vertici Rai sembrano già pronti a voltare pagina. A coprire l’insuccesso con qualche spot in extremis, una toppa che però arriva troppo tardi. Il programma chiuderà dopo tre settimane, lasciando più domande che risposte. E confermando, ancora una volta, che il successo, anche per i big, non è mai garantito. Nemmeno quando ti chiami Rosario Fiorello.