RaiPlay, capolavoro controverso (ma tratto da storia vera e oggi cult mondiale): potere, ossessione, autodistruzione

C’è un film su RaiPlay che ha spaccato in due il pubblico. In America fu un flop. In Italia finì sotto inchiesta. Eppure oggi è un’opera di culto, studiata, imitata e persino rimpianta. Si intitola 9 settimane e ½
e uscì nel 1986, diretto da Adrian Lyne, regista di altri classici come Attrazione fatale e Proposta indecente.

Tratto dal romanzo autobiografico di Ingeborg Day, pubblicato con lo pseudonimo Elizabeth McNeill, racconta una storia vera vissuta a New York. Una relazione che ha bruciato ogni confine. Soprattutto quello tra piacere e dolore. Kim Basinger è Elizabeth, una giovane gallerista divorziata. Ha successo, è indipendente, ma ancora fragile. Un giorno incontra John, interpretato da Mickey Rourke, misterioso e magnetico broker di Wall Street. L’inizio è romantico. Poi arriva la spirale.

Regali lussuosi. Giochi di seduzione. Il piacere che diventa potere psicologico. John domina, guida, impone. Elizabeth lo segue. Si perde. Smette di riconoscersi. Non è più una donna: è una presenza al suo fianco. Silenziosa, sottomessa, ossessionata. Il film, girato tra il giugno e l’agosto del 1984, venne profondamente censurato. Il primo montaggio superava le tre ore. Tagliarono scene con barbiturici, crisi nervose, un patto di suicidio e altre sequenze considerate troppo forti.

Kim Basinger non poté nemmeno parlare con Rourke fuori dal set. Il regista voleva tenerla isolata. Voleva che provasse davvero confusione, disagio, paura. E lei lo fece. Disse no alle controfigure, ma alcune scene furono girate da altre donne. Una prova d’attrice che l’ha consumata. Quando uscì, il film incassò solo 7 milioni di dollari, contro i 17 del budget. Ma le videocassette fecero il miracolo. Divenne culto notturno, proibito, amato. La scena sulle note di You Can Leave Your Hat On di Joe Cocker entrò nella storia. Nessuno poteva più dimenticarla.

In Italia, la prima tv scatenò il caos. Cinquanta denunce. Reati per oscenità. Censure e polemiche. Ma anche la prova che il film aveva toccato nervi scoperti. E lasciato il segno. Oggi è su RaiPlay. Disponibile gratis. Da vedere con occhi nuovi. Non è solo un film su una relazione tossica. È una domanda scomoda: fino a che punto siamo disposti a cedere il controllo, per sentirci amati?

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RaiPlay, un’eredità che ha cambiato il cinema (e noi)

9 settimane e ½ ha generato una scia lunga. Ha aperto la strada ai thriller psicologici degli anni ’90, ha anticipato Basic Instinct, Eyes Wide Shut, Closer. Ha mostrato che il desiderio può essere inquietante. Che l’amore può confondersi con il controllo. Il regista Adrian Lyne lo ha sempre difeso. D’altro canto, Elizabeth non è una vittima passiva. Si rialza. Se ne va. Decide.

Questo lo rende un film attuale. In tempi in cui si parla di relazioni tossiche, gaslighting, violenza emotiva, 9 settimane e ½ è un’opera che possiamo rileggere con occhi nuovi. Senza tabù. Senza moralismi. Con il coraggio di stare scomodi. Il cast include anche Christine Baranski, Olek Krupa, Margaret Whitton e un cameo di Ronnie Wood dei Rolling Stones. Il film è pieno di volti noti e minimi dettagli che oggi affascinano ancora di più.

Oggi che il cinema sembra cercare solo emozioni facili, rivedere questo film è un gesto controcorrente. Perché fa male. Ma fa anche crescere. Se non l’hai mai visto, fallo ora. Se lo ricordi, guardalo di nuovo. Su RaiPlay, 9 settimane e ½ è molto più di un film. È un viaggio dentro noi stessi.

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