Una giusta causa torna stasera in tv alle 21:15 su La7d, canale 29. È una di quelle storie che meritano di essere ascoltate, ancora e ancora. Perché ha segnato la vita vera. Ha lasciato il segno nella giustizia americana. E ci ricorda che la legge, a volte, può diventare rivoluzione.
Diretto da Mimi Leder, il film è uscito nel 2018 ma parla d’oggi. Racconta la vita di Ruth Bader Ginsburg, giudice della Supreme Court e icona dei diritti civili. È interpretata da una magnetica Felicity Jones, che incarna tutta la forza, la fragilità e la determinazione di una donna che ha cambiato le regole del gioco.
Siamo negli anni ’50. Ruth è tra le pochissime donne ammesse ad Harvard Law School. Studia, combatte, brilla. Ma il mondo intorno a lei è fermo. Il sistema giuridico non è fatto per lei. È fatto per gli uomini, da uomini. Il suo primo impiego? Non in tribunale, ma in aula. Insegna diritto, mentre sogna di praticarlo. Poi arriva un caso: Charles Moritz, un uomo discriminato solo perché si prende cura della madre anziana. Una legge fiscale lo penalizza. Ruth lo difende. E con lui, difende tutti noi. Inizia così la battaglia che farà storia. Il film non ha bisogno di effetti speciali. Ha la forza della verità. La tensione cresce in aula. Le parole sono armi. I silenzi pesano come macigni.
Accanto a Felicity Jones, un cast solido e coinvolgente: Armie Hammer è Marty Ginsburg, marito e alleato instancabile. Justin Theroux è Mel Wulf, Kathy Bates è Dorothy Kenyon, pioniera dei diritti femminili. Completano il quadro Sam Waterston, Cailee Spaeny e Stephen Root. Una giusta causa è più di un film. È un documento. È memoria viva, è il racconto di quando il diritto ha incontrato il coraggio. E ha scelto da che parte stare.

Stasera in tv un’eredità che parla ancora: perché questo film è così importante oggi
Questo film arriva da lontano, ma parla al nostro presente. Uscito nel pieno dei movimenti #MeToo e Time’s Up, ha dato voce alle donne che lottano. A quelle che resistono. E a quelle che non possono più farlo. La sceneggiatura è firmata da Daniel Stiepleman, nipote di Ruth. Ha attinto a interviste, lettere, racconti familiari. Il risultato? Una storia vera, non edulcorata. Con le sue ombre, i suoi ostacoli, i suoi trionfi.
Ruth Bader Ginsburg ha visto il film prima dell’uscita. L’ha approvato. E ha voluto esserci, in un cameo finale che tocca il cuore. È lei, in carne e ossa, a chiudere il cerchio. Con uno sguardo che vale più di mille parole. Curiosità? Ce ne sono molte. Il monologo finale di Ruth in tribunale è uno dei più lunghi mai scritti per una protagonista femminile. È potente, lucido, tagliente. Ed è diventato un cult tra studenti di diritto e appassionati di cinema.
Il film non ha vinto premi importanti. Ma è stato amato dal pubblico. Ha ispirato altri titoli, da The Glorias su Gloria Steinem a Miss Americana. Con la sua forza ha riportato in alto storie di donne forti, spesso dimenticate. Ha acceso riflettori sulla parità di genere nel cinema e nella società. Oggi Ruth non c’è più. Ma il suo spirito vive. Vive in ogni ragazza che studia giurisprudenza, in ogni madre che lavora e in ogni uomo che sostiene senza dominare. In ogni legge che protegge invece di dividere.
Oltre a un film drammatico con Denzel Washington, stasera in tv si può scegliere Una giusta causa. Guardarlo significa ricordare. Ma anche scegliere da che parte stare. È un film che non urla, ma colpisce. Non impone, ma insegna. E lo fa con una delicatezza rara, in un mondo che ha sempre più bisogno di storie vere.
