Stasera in tv torna il kolossal del cinema bellico che trionfò agli Oscar (ma sconvolse chi l’aveva vissuto davvero)

Stasera in tv Rai Movie (canale 24) propone in prima serata, alle ore 21:10, uno dei film più maestosi mai girati sullo sbarco in Normandia. “Il giorno più lungo” è molto più di un film di guerra. È una rievocazione corale, lucida, dolorosa. Un affresco in bianco e nero del 6 giugno 1944, quando l’Europa cambiò per sempre.

Girato nel 1962, diretto da Ken Annakin, Andrew Marton e Bernhard Wicki, e prodotto da Darryl F. Zanuck, il film vanta un cast monumentale: John Wayne, Robert Mitchum, Henry Fonda, Sean Connery, Richard Burton, Peter Lawford, Robert Ryan, Rod Steiger e molti altri. Ognuno è una tessera di un mosaico immenso. “Il giorno più lungo” vinse due Oscar: miglior fotografia e migliori effetti speciali. Ma fu anche candidato come miglior film. La sua eredità ha segnato profondamente il cinema bellico. Spielberg, con “Salvate il soldato Ryan”, gli deve più di quanto abbia mai ammesso.

Stasera in tv
Il giorno più lungo, stasera in tv

Stasera in tv un racconto corale che non risparmia nessuno

La forza del film è nella sua narrazione corale. Lo spettatore passa senza sosta tra americani, inglesi, francesi e tedeschi. Ogni punto di vista ha spazio, ogni decisione ha un peso. La sceneggiatura, basata sul libro di Cornelius Ryan, racconta l’alba del D-Day come un evento inevitabile e mostruoso. Nessuno ne esce vincitore. Tutti sono testimoni.

Alcune sequenze sono leggendarie: la presa di Sainte-Mère-Église con i paracadutisti americani. Lo sbarco sulle spiagge di Omaha e Utah. La scalata disperata della scogliera di Pointe du Hoc. La resistenza francese che agisce nell’ombra. Scene dove il confine tra fiction e cronaca si assottiglia fino a scomparire.

Richard Todd, che interpreta il maggiore John Howard, è uno dei pochi attori ad aver davvero combattuto quel giorno. Non è solo recitazione. È memoria incarnata. Il film venne girato in tre lingue: inglese, francese e tedesco. Una scelta rara per l’epoca, ma perfetta per un film che non vuole semplificare. Ogni esercito ha la sua voce, il suo accento, il suo destino.

Zanuck investì una cifra enorme per i diritti del libro. Pretese che ogni dettaglio fosse filologicamente corretto. Non girò un film per stupire. Voleva scuotere. E ci riuscì. Lo stile è sobrio, quasi giornalistico. Nessun eroismo gratuito. Nessun pathos finto. Solo la fatica, il caos, la paura. Ogni scena porta addosso il peso della Storia. Una storia in cui non ci sono né vincitori, né vinti, ma si esce solo sconfitti.

Il tempo non ha scalfito la potenza di “Il giorno più lungo”. È ancora oggi una lezione su come si racconta la guerra. Su cosa significa costruire un kolossal che emoziona senza manipolare. Rivederlo stasera, quasi alla vigilia del 6 giugno, non è solo un modo per onorare il passato. È ricordarsi che ogni immagine ha un prezzo. E ogni ricordo una responsabilità.

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