Ci sono film che arrivano in punta di piedi e restano, silenziosi, nel cuore di chi li ha visti: “Tito e gli alieni” è uno di questi ed è disponibile su RaiPlay. Una commedia fantascientifica che mescola ironia, malinconia e stupore, diretta da Paola Randi e interpretata da un Valerio Mastandrea in stato di grazia.
Dopo i lunghi applausi ai festival e diversi premi in Italia e all’estero, il film è scomparso troppo presto dai radar. Ora è sulla piattaforma della tv pubblica dove merita di essere (ri)scoperto come una delle opere più originali del cinema italiano recente. Mastandrea — che oggi è di nuovo al cinema con “Cinque Secondi” — qui interpreta un professore napoletano trapiantato nel deserto del Nevada, a pochi chilometri dalla mitica Area 51. Vive da solo, in un mondo di silenzi e segnali radio, dopo la morte della moglie. L’unico contatto umano è Stella (la magnetica Clémence Poésy), una ragazza che organizza matrimoni per turisti appassionati di UFO. Poi, un giorno, arrivano due ragazzini italiani — Anita e Tito — e la sua esistenza cambia per sempre.
Su RaiPlay Tito e gli alieni: una fiaba lunare sul dolore e la rinascita
Il film parte da una premessa semplice e la trasforma in un piccolo miracolo narrativo. Il Professore accoglie i nipoti rimasti orfani e, tra esperimenti scientifici e presunti contatti con forme di vita extraterrestri, impara a convivere con la perdita. Ma anche a riaprire il cuore. Il tutto in un equilibrio perfetto tra commedia e malinconia, dove l’assurdo convive con il sentimento più umano: la nostalgia.
Paola Randi firma una regia sensibile e visionaria, capace di rendere poetici persino i deserti e i radar del Nevada. Ogni inquadratura respira: la polvere, il silenzio, la luce delle stelle. È un film che parla di morte, ma lo fa con leggerezza e fantasia, come se gli alieni fossero solo un pretesto per parlare della nostra incapacità di comunicare. Nel cast, oltre a Valerio Mastandrea e Clémence Poésy, brillano i giovanissimi Chiara Stella Riccio (Anita) e Luca Esposito (Tito). C’è anche Gianfelice Imparato in un ruolo piccolo ma intenso. Un ensemble che regala autenticità e calore a una storia sospesa tra la Terra e l’infinito.

Riconoscimenti e curiosità
“Tito e gli alieni” ha raccolto consensi unanimi nei festival italiani. Ha vinto il Premio Ettore Scola per la miglior regia e il Premio Gabriele Ferzetti per il miglior attore protagonista al Bif&st 2018. Ha inoltre ricevuto il Nastro d’Argento per il miglior soggetto nel 2019, confermando la sua unicità nel panorama nazionale.
Girato tra Nevada, Las Vegas, Almería e Montalto di Castro, il film costruisce un immaginario sospeso tra realismo e sogno. Il budget, di soli tre milioni di euro, non impedisce a Paola Randi di creare un universo visivo sorprendente, dove la solitudine del protagonista diventa quasi cosmica. Dietro il titolo si nasconde un doppio senso: gli “alieni” non sono solo quelli venuti dallo spazio, ma anche tutti noi — esseri spaesati in cerca di un contatto, di un segnale, di un senso. Una metafora potente, resa ancora più toccante dal tono ironico e gentile del racconto.
Un piccolo cult del cinema italiano contemporaneo
“Tito e gli alieni” non ha avuto grande fortuna al botteghino, ma è rimasto nel cuore della critica e di chi ama il cinema che osa. È diventato negli anni un film di culto, un punto di riferimento per chi cerca un linguaggio nuovo nella commedia italiana. Ha influenzato registi e produttori a sperimentare di più, aprendo la strada a un modo diverso di raccontare il fantastico e il surreale in chiave nazionale. E oggi, nel suo essere su RaiPlay, sembra dirci che certi film non invecchiano: semplicemente, aspettano il momento giusto per essere ritrovati.
Guardarlo ora significa riscoprire un Valerio Mastandrea intimo, dolente e irresistibilmente umano. Significa ricordare che la fantascienza, anche senza astronavi, può essere la forma più pura di poesia. “Tito e gli alieni” è disponibile su RaiPlay: un’occasione unica per chi ama il cinema italiano capace di guardare oltre le stelle.
