Critica in visibilio, ma botteghino impietoso: su RaiPlay il film più poetico del cinema d’autore, Jeremy Allen White irresistibile

Su RaiPlay c’è un film che la critica internazionale ha adorato, ma che il grande pubblico ha quasi ignorato. Si chiama Fremont, diretto da Babak Jalali e interpretato da una delle star più amate del momento, Jeremy Allen White. Sì, proprio lui, il tormentato chef di The Bear e ora protagonista del nuovo Springsteen: Liberami dal nulla.

Fremont è uno di quei film che non gridano mai, ma restano dentro a lungo. Un racconto minimale, tenero e disarmante, che parla di solitudine, speranza e rinascita con una grazia rara nel cinema contemporaneo. La protagonista è Donya, interpretata dall’intensa Anaita Wali Zada, giovane rifugiata afgana che vive nella cittadina californiana di Fremont. Di giorno lavora in una piccola fabbrica di biscotti della fortuna, di notte lotta contro l’insonnia e i fantasmi del passato. Ha servito come traduttrice per l’esercito americano in Afghanistan, e ora porta addosso il peso di chi è sopravvissuto ma non sa più dove appartiene.

A sconvolgere il suo equilibrio silenzioso arriva Daniel, un meccanico gentile e un po’ goffo con il volto magnetico di Jeremy Allen White. Tra i due nasce un legame sottile, fatto di sguardi, gesti minimi e tenerezze trattenute. È un incontro che cambia tutto, perché a volte basta una piccola crepa per far entrare la luce.

RaiPlay
Fremont, su RaiPlay

Girato in bianco e nero e nel formato 4:3, Fremont è un film che sceglie la semplicità per arrivare più in profondità. L’inquadratura quadrata racchiude Donya come in una cornice stretta, simbolo perfetto della sua solitudine. Ma allo stesso tempo esalta ogni espressione, ogni respiro, ogni sguardo sospeso nel vuoto.

Il regista Babak Jalali, nato in Iran e cresciuto in Inghilterra, firma un’opera d’autore che ricorda lo stile di Jim Jarmusch: ironia sottile, tempi lenti, e un umorismo quasi invisibile ma potentissimo. La sceneggiatura, scritta insieme all’italiana Carolina Cavalli (autrice anche di Amanda), alterna malinconia e delicatezza con una precisione millimetrica.

Nonostante il suo budget ridotto, il film ha conquistato i festival di mezzo mondo: Sundance, SXSW, Deauville, Karlovy Vary e la Festa del Cinema di Roma. Ha ottenuto sette premi e tredici nomination, incluso il prestigioso John Cassavetes Award agli Independent Spirit Awards 2024. A Deauville si è aggiudicato il Jury Prize, segno che la critica ha riconosciuto in Fremont qualcosa di più di un semplice film indipendente: un piccolo miracolo visivo.

Eppure, al botteghino, è andata diversamente. Distribuito in poche sale e per pochi giorni, Fremont ha incassato poco più di quanto serva a coprire i costi di produzione. Ma proprio come i suoi personaggi, non ha mai cercato l’approvazione delle masse. Il suo successo è arrivato dopo, quando chi l’ha visto non ha più smesso di parlarne. Oggi, su RaiPlay, Fremont è una perla dimenticata pronta a essere scoperta da chi ama il cinema che tocca corde profonde. Non c’è azione, non ci sono effetti speciali: solo una storia che parla piano ma arriva dritta al cuore. È un film che vive nelle pause, nei silenzi, nelle domande senza risposta. E Jeremy Allen White, con la sua presenza quieta e magnetica, incarna perfettamente quel senso di dolce malinconia che attraversa ogni scena.

Il film ha già influenzato altri autori del circuito indipendente, ispirando una nuova ondata di storie sul tema della migrazione raccontate in chiave intima e non didascalica. È cinema che non si limita a denunciare: accompagna, comprende, consola. Fremont è dunque più di un film: è un piccolo specchio delle nostre solitudini, una carezza per chi si sente fuori posto e un promemoria per chi crede ancora nella forza della gentilezza. E se finora non l’avete visto, è il momento giusto per farlo. Su RaiPlay, gratuitamente. Ma con il cuore aperto, perché Jeremy Allen White qui non interpreta solo un personaggio: è l’anima viva di un film che, pur senza clamore, ha lasciato un segno.

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