Ha un nome che ormai risuona ovunque: Beauty in Black, la serie che in questi giorni sta incendiando la top 5 di Netflix, attirando milioni di spettatori. Non è solo intrattenimento: è un racconto feroce di potere, identità e sopravvivenza. E ha già scatenato paragoni inevitabili con Bridgerton, anche se il tono e lo stile sono lontanissimi.
Creata e diretta da Tyler Perry, Beauty in Black porta lo spettatore dentro il mondo dell’industria cosmetica, tra luci patinate e ombre di criminalità. Un dramma familiare che mette al centro Kimmie, giovane donna costretta a reinventarsi dopo essere stata cacciata di casa. Il suo sogno? Diventare imprenditrice di successo, ispirandosi a Mallory, regina dell’impero cosmetico della famiglia Bellarie. Nella prima stagione vediamo Kimmie lottare per sopravvivere insieme all’amica Rain, mentre osserva da lontano le mosse dei potenti. Ma i Bellarie non sono solo glamour: dietro i riflettori si nasconde una rete di traffici loschi e tradimenti. Ed è lì che Kimmie si infila, con determinazione e un’ambizione che non perdona.
La seconda stagione la trasforma in matriarca dell’impero, dopo il matrimonio con Horace Bellarie. Non è un trono regalato: è strappato con astuzia, a costo di attirarsi l’odio dei figli di Horace, di Mallory, del fratello Norman e dell’ex moglie Olivia. Ogni episodio è un campo di battaglia. I colpi di scena non mancano, e la tensione sale di livello. Beauty in Black è fatta di colpi bassi, conflitti familiari e strategie spietate. Il potere si difende a colpi di riunioni, ricatti, persino violenza. La fotografia è urbana, nervosa, cruda. Le atmosfere ricordano una soap opera di lusso, ma con il passo veloce del thriller.
Il cast è corale e carismatico. Taylor Polidore Williams dà a Kimmie profondità e determinazione. Crystle Stewart rende Mallory una presenza magnetica. Amber Reign Smith illumina Rain di lealtà e fragilità. E attorno a loro brillano Ricco Ross (Horace), Debbi Morgan (Olivia), Richard Lawson (Norman) e molti altri. È un insieme che tiene la scena e amplifica il dramma. Il pubblico non ha dubbi: Beauty in Black è una delle serie Netflix più viste del momento. Nonostante le critiche sullo stile, l’impatto culturale è forte. Ha acceso meme, discussioni e persino tutorial ironici sui look e le parrucche sfoggiate sullo schermo. È diventata fenomeno, dentro e fuori la piattaforma.

Beauty in Black contro Bridgerton: due mondi lontani, ma un filo comune
Perché tutti parlano di confronto con Bridgerton? Perché entrambe le serie ruotano attorno alla scalata sociale di donne forti in società chiuse e piene di regole non scritte. Ma se Bridgerton offre romanticismo, balli e seduzione, Beauty in Black affonda nel lato oscuro del potere. Nel mondo patinato di Bridgerton, l’inclusione è resa glamour da balli e corteggiamenti. In Beauty in Black la diversità è una lotta quotidiana, fatta di discriminazioni sistemiche e compromessi dolorosi. Qui la pelle è politica, il successo è questione di sopravvivenza. Non è evasione: è un pugno nello stomaco.
Il ritmo narrativo lo conferma. Bridgerton incanta con dialoghi sofisticati e costumi fiabeschi. Beauty in Black travolge con colpi di scena serrati, atmosfere elettriche e una crudezza che divide il pubblico: c’è chi la adora per l’audacia e chi la accusa di eccesso. Ma è proprio qui che sta il segreto. Beauty in Black non vuole piacere a tutti. Vuole scuotere, farti riflettere e lasciarti con una domanda: quanto saresti disposto a sacrificare per il potere?
In questo senso, è davvero più audace di Bridgerton. Perché non ti consola. Non ti accarezza. Ti mette davanti a scelte feroci e a conseguenze senza ritorno. E, dopo l’ultima puntata, ti resta addosso come un profumo difficile da cancellare.
