Dopo il successo di Mare Fuori, Antonia Truppo torna dove il cinema si fa profondo. Lo fa con Averno Hotel, un film che promette di restare impresso per molto tempo. Attualmente in postproduzione, questa pellicola segna l’esordio cinematografico di Pino Carbone, regista già noto per i suoi lavori teatrali intensi e visionari.
Nel cast ci sono volti amatissimi del panorama italiano: Lino Musella, Giacomo Rizzo, Antonia Truppo, Agostino Chiummariello, Pino Ammendola, Tonia De Micco, Flavia Gatti e Matteo Sintucci. Un ensemble corale per un film che non assomiglia a nulla di già visto. Averno Hotel non è una semplice storia. È un mosaico. Un’opera composta da sette episodi intrecciati, ciascuno ambientato in un momento diverso del nostro presente. Il filo che unisce tutto? Un luogo misterioso, simbolico, quasi fuori dal tempo: l’Hotel Averno.
Antonia Truppo, non solo la madre di Rosa Ricci in Mare Fuori: tra i protagonisti di Averno Hotel, l’inquietudine sottile del vivere
Dentro l’Averno Hotel si sfiorano esistenze. Anime sospese tra passaggi, dolori e rivelazioni. Si comincia con un pranzo di nozze e si chiude con un funerale. In mezzo, una cameriera che osserva in silenzio, un uomo che dialoga con se stesso, un padre e una figlia che cercano di ricucire qualcosa andato perso. E ancora, due adolescenti confusi, un processo oscuro, un testimone da preparare. Tutto avviene nello stesso luogo, ma in tempi diversi. Ogni episodio è un tassello. Ogni storia si specchia nell’altra. Le emozioni si rincorrono e si contaminano. Si parla di famiglia, solitudine, identità, lutto, legami. Si scava dentro. Si resta in bilico, tra il quotidiano e il simbolico.
Il film è dichiaratamente un dramma corale, con radici profonde nella cultura campana. E proprio dalla Campania arriva il titolo: Averno è il lago mitologico da cui si accedeva all’oltretomba secondo i Romani. Un luogo vero, esistente, che diventa porta narrativa tra vita e morte. Il regista Pino Carbone gioca con questa simbologia per costruire un’opera dove ogni scena sembra sospesa in una soglia. Tra ieri e oggi. Tra ciò che è stato e ciò che non può più tornare. È la sua prima regia cinematografica, ma la cifra stilistica è chiara: atmosfere rarefatte, silenzi pieni di significato, tensioni interiori che esplodono senza mai urlare.
La forza di Averno Hotel sta proprio qui: nell’inquietudine sottile che accompagna ogni storia. Nulla è mai esplicito. Tutto pulsa sotto la superficie. I personaggi non sono eroi né vittime. Sono umani. Come noi. Non c’è un protagonista unico, ma tutti lo diventano per un attimo. Ogni episodio regala uno sguardo differente, ma tutti parlano dello stesso bisogno: sentirsi visti, capiti, accolti.

Un’opera diversa, da aspettare con attenzione
In un panorama spesso affollato di fiction seriali e trame facili, Averno Hotel è un rischio. Ma anche una promessa. Una pellicola italiana che osa, che riflette, che sfiora il mito per raccontare il presente.
Il film sembrerebbe atteso per la fine del 2025, ma la postproduzione è in corso proprio in queste settimane. Chi ama il cinema d’autore, chi cerca qualcosa che vada oltre l’intrattenimento, dovrebbe iniziare a segnare questo titolo. E se pensi di sapere già tutto su Antonia Truppo, questo film potrebbe sorprenderti. Dopo Mare Fuori, l’attrice è in un progetto che va in direzione opposta. Più intimo, più spigoloso, più fragile. Ma anche più vero. Averno Hotel non sarà per tutti. Ma potrebbe essere esattamente il film che aspettavi senza saperlo.
