La notizia ha scosso più di un addetto ai lavori: la Rai è pronta a portare via il Festival da Sanremo. Un colpo al cuore per chi lo ha sempre visto lì.
A far traballare il legame storico tra Viale Mazzini e la città dei fiori non sarebbe un problema di spazi o di logistica. Né c’entra l’Ariston. Il vero nodo sarebbe una cifra all’apparenza piccola: l’1% degli introiti pubblicitari. Ma dietro quel numero si nasconde una battaglia molto più ampia. Tra il Comune di Sanremo e la TV di Stato è in atto una trattativa tesa, forse definitiva. Un gioco di potere che mette a rischio il cuore della musica italiana.
Tutto nasce da una sentenza del Consiglio di Stato e del TAR della Liguria, che avrebbe bocciato l’affidamento diretto alla Rai. Una pratica che durava da settant’anni. Il Comune è stato così costretto a bandire una gara pubblica per assegnare l’organizzazione del Festival della Canzone Italiana dal 2026 al 2028. La Rai ha partecipato come unico soggetto, superando la verifica formale. Ma ora tutto è fermo sulla valutazione tecnica e su una trattativa che rischia il naufragio.
Il Comune avrebbe alzato le pretese: vorrebbe una fetta della torta pubblicitaria: quell’1%. La Rai si sarebbe opposta. Non vorrebbe cedere su un punto che considera intoccabile: la titolarità del marchio e del format. E considererebbe le richieste del Comune eccessive e “fuori mercato”. In pubblico i toni restano misurati. Ma dietro le quinte si respira gelo. Il direttore generale Giampaolo Rossi è stato chiaro: “Sanremo o meno, la Rai farà il suo Festival”.
E non è solo una frase. Si parla già di un’alternativa concreta: un Festival itinerante. Tra le località ipotizzate ci sono Sorrento, la Versilia e persino Torino. Sarebbe uno strappo storico. Ma per la Rai, evidentemente, anche questo è sul tavolo.

Rai e Sanremo, una rottura che non riguarda solo il Festival
Il Festival di Sanremo è molto più di una trasmissione. È identità, memoria collettiva, palcoscenico del Paese. Ma oggi quella certezza vacilla. Il Comune di Sanremo rivendica un ruolo più attivo. E lo fa con un argomento forte: è il proprietario del marchio “Festival della Canzone Italiana”. In pratica, chiederebbe di non essere più un semplice “ospite” della kermesse. Vorrebbe partecipare agli utili. E avere voce sulle scelte produttive. La Rai invece vorrebbe mantenere il pieno controllo editoriale e commerciale. E non tollera ingerenze su un format che ha portato al successo internazionale.
Al centro del contendere c’è anche la gestione delle strutture. Ma forse è solo una delle leve usate nella trattativa. Il cuore della questione resta economico e simbolico. Perché cedere l’1% oggi, secondo Rai, potrebbe significare aprire un precedente pericoloso. E snaturare un evento che da decenni la TV pubblica considera suo. Il termine ultimo per trovare un accordo è fine luglio. Mancano pochi giorni. E se nessuno farà un passo indietro, lo scenario sarà clamoroso. Il Festival potrebbe restare senza Sanremo. E Sanremo, per la prima volta, senza Festival. Non è solo uno scontro tra enti. È uno spartiacque emotivo per milioni di italiani.
Quando accendi la TV a febbraio, e senti partire le note della sigla, non ti aspetti Versilia o Torino. Ti aspetti solo una cosa: Sanremo. Eppure oggi quella certezza non esiste più. Perché dietro una sigla amata c’è una lotta tra poteri, diritti e percentuali. E spesso è proprio quell’1% che fa la differenza tra una storia che continua e un addio che non volevamo.
