Edoardo Leo arriva al Giffoni Film Festival (e presto al cinema) con gli occhi lucidi e le mani tremanti. Sul grande schermo, il suo nuovo film: “Per te”.
Una storia vera. Autentica. Ispirata alla vita di Mattia Piccoli, un ragazzo diventato Alfiere della Repubblica a soli undici anni. Perché? Per aver accudito suo padre Paolo, colpito da Alzheimer precoce. “È una meravigliosa storia d’amore al contrario, di un figlio verso un padre”, racconta Leo, visibilmente commosso davanti al pubblico della Sala Truffaut.
Il film è tratto dal libro “Un tempo piccolo” di Serenella Antoniazzi, madre di Mattia. Sul palco, Edoardo Leo fatica a trattenere le lacrime. “Quando ho visto il film per la prima volta, non ho parlato per dieci minuti. Piangevo.” La regia è firmata da Alessandro Aronadio. Accanto a Leo, un cast sorprendente: Javier Francesco Leoni interpreta Mattia, al suo debutto. Con loro anche Teresa Saponangelo, Giorgio Montanini, Eleonora Giovanardi e Alessandro Cucca. Il pubblico è silenzioso. Ogni scena delle tre mostrate in anteprima arriva al cuore. Alcuni ragazzi escono con gli occhi gonfi. Altri restano fermi, come se il tempo si fosse fermato.

A Giffoni Film Festival “Per te” con Edoardo Leo: quando un figlio diventa il genitore, presto al cinema
Nel film non si parla solo di malattia. Si parla di amore. Di paura. Di inversione dei ruoli. “È il figlio che fa da padre a suo padre”, dice Leo. Ed è questo il cuore pulsante del film. Le parole sono pesanti. Autentiche. “Nessuno può immaginare cosa vuol dire avere un papà giovane che perde la memoria. Avevo paura che la sua famiglia cercasse Paolo dentro il film”.
Tre scene sono state mostrate in anteprima al Giffoni. Tutte hanno lasciato un segno. La prima, in spiaggia. Il padre, l’amico e il figlio giocano a calcio. Poco prima, la frase che gela: “Alla fine si porta via tutto”, dice il padre riferendosi alla malattia. E poi un’altra verità tagliente: “Cosa fa girare il mondo? Non l’amore. Ma la paura di restare soli.”
La seconda scena è intima. Padre e figlio guardano Rocky sul letto. Il padre confessa: “Sono contento che l’abbiamo visto insieme. È come mi sento io. Papà non sta bene.” E il figlio, con uno sguardo fermo: “Lo so.” “È come se finché non te lo dicevo non era vero. Non so se ha senso, ma è così”, conclude il padre. Un piano sequenza lunghissimo, quasi a voler trattenere il momento prima che svanisca.
La terza clip è un collage di ricordi. Gioia e tristezza si mescolano. Mattia ricorda il giorno in cui il papà ha indossato le mutande sopra i pantaloni. La madre gli ha fatto fare Superman con una tovaglia. Ma ricorda anche la paura del padre.
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“Le storie fanno bene a chi le ascolta, ma anche a chi le racconta”, dice una delle frasi più forti del film. E Leo lo conferma sul palco: “Qualche scena mi ha sorpreso. Questo film è stato un regalo della vita, non solo professionale ma personale.” Il titolo, “Per te”, non è casuale. “Non riuscivamo a trovarlo. Poi abbiamo capito che il film era una dedica. Di Mattia al padre. Di noi alla famiglia.” Il pubblico esplode in un applauso lungo, quasi liberatorio. Sul volto di Leo si legge gratitudine, ma anche dolore. “Sentendo questa storia, ho capito che non dovevo perdere tempo dietro a cose inutili. Dovevo vivere di più.”
“Per te” è un film da guardare con il cuore. Non offre soluzioni. Non cerca risposte. Ma dona consapevolezza. Di cosa significa esserci. Davvero. Per te. Per chi ha vissuto tutto questo e per chi non sa come parlarne. Nei cinema prossimamente.
