David contro Oscar: Franco Nero vuole riportare in vita il capolavoro mai girato dal maestro del cinema mondiale

Un David di Donatello da una parte, un Premio Oscar dall’altra. Due simboli del grande cinema italiano tornano oggi a intrecciarsi in un progetto inatteso.

Il protagonista di questo sogno è Franco Nero, attore simbolo degli spaghetti western e regista premiato. L’opera che vuole riportare alla luce è firmata da Elio Petri, autore di capolavori immortali come “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”.

La storia è di quelle che colpiscono: una giovane vergine attraversa il deserto per sposare un capitano, ma il suo cammino si spezza. Un evaso la rapisce. Nasce così “L’ostaggio”, sceneggiatura mai trasformata in film a causa della morte improvvisa di Petri, nel 1982.

Franco Nero, classe 1941, che ha calcato i set di John Huston, Sergio Corbucci, Joshua Logan e persino Quentin Tarantino, sogna di dare finalmente voce a quelle pagine rimaste silenziose per oltre quarant’anni.

Il rapporto tra i due non fu casuale. Fu Petri a intuire il talento fisico e psicologico di Nero e a spingerlo verso “Django”, il ruolo che lo consacrò star internazionale. Insieme hanno realizzato “Un tranquillo posto di campagna”, thriller psicologico premiato con l’Orso d’argento a Berlino. Oggi, a distanza di decenni, Nero vorrebbe tornare dietro la macchina da presa, come già fece con “Forever Blues” e “L’uomo che disegnò Dio”, film che hanno esplorato temi esistenziali, arte e redenzione.

La sfida è grande. Riportare in vita un racconto mai messo in scena da uno dei registi più radicali del Novecento italiano, Palma d’Oro a Cannes e Oscar negli Stati Uniti, significa confrontarsi con la storia stessa del cinema. Il progetto è ancora solo un sogno dichiarato. Ma l’idea che il cinema italiano possa finalmente riappropriarsi di questa pagina dimenticata fa battere forte il cuore degli appassionati.

David
Elio Petri

Un deserto, un amore negato e il ritorno di un regista da David che ha già lasciato il segno

“L’ostaggio” è un racconto essenziale e crudele. Nelle mani di Franco Nero, potrebbe trasformarsi in un western esistenziale, dove il paesaggio non è solo sfondo, ma protagonista emotivo. Il tema della fuga, del sequestro e della redenzione attraversa tutta la carriera di Elio Petri. Dai complotti politici di “Todo modo” ai drammi della classe operaia in “La classe operaia va in paradiso”. Anche qui, il potere e la solitudine degli individui si confrontano nel vuoto assoluto del deserto.

Nero, che in passato ha portato sul grande schermo musicisti disillusi e artisti ciechi, potrebbe trovare in questa storia la sintesi perfetta tra il suo passato di interprete fisico e il presente di regista introspettivo. Non si tratta solo di un film perduto. È un’occasione per riannodare i fili di un cinema italiano che ha saputo vincere premi nei festival più importanti del mondo e raccontare l’animo umano senza compromessi.

In un’epoca dominata da blockbuster e remake, un progetto come questo appare fuori dal tempo. Eppure, proprio per questo, può essere necessario. Il pubblico che ha riscoperto “Django Unchained” su Netflix o che applaude i classici su RaiPlay potrebbe accogliere con entusiasmo una storia forte, fuori dagli schemi commerciali. Ora la palla passa alla produzione e ai finanziatori. Ma intanto, il seme è stato piantato. Franco Nero ha dichiarato la sua intenzione pubblicamente. Il cinema italiano potrebbe presto riscoprire uno dei suoi racconti più dimenticati e più attuali. Perché, in fondo, ogni capolavoro incompreso aspetta solo il tempo giusto per essere raccontato.

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