Stasera in tv, su Tv2000 (canale 28) alle 21:16 va in onda un film che non lascia indifferenti: Il gesuita. Un’opera potente che racconta la vita vera di un uomo semplice, nato a Buenos Aires, e diventato un simbolo globale di misericordia, giustizia sociale e resistenza morale.
Il film è diretto da Matías Gueilburt ed è tratto dalla biografia ufficiale di Jorge Mario Bergoglio, il compianto Papa Francesco. Ma questa non è una storia solo di Chiesa. È una storia di scelta, di responsabilità. Di fede che non si piega, anche quando intorno c’è solo violenza. Il film è ambientato in Argentina, negli anni bui della dittatura militare. Un tempo in cui parlare significava rischiare. Aiutare i poveri, schierarsi con gli emarginati, poteva costarti tutto.
Attraverso una narrazione su due piani temporali, Il gesuita racconta l’ascesa spirituale e personale di Bergoglio. Dall’infanzia nei quartieri popolari di Buenos Aires, fino al giorno in cui il mondo intero ha sentito pronunciare le parole: “Habemus Papam”.

Stasera in tv una storia che brucia, una scelta che salva
Il film non si limita a documentare. Scava. Interroga. Ferisce. Ci mostra un uomo alle prese con la coscienza. Con la paura. Con il dubbio. Ma anche con una vocazione che lo guida attraverso la tempesta. Gustavo Yanniello interpreta il Bergoglio adulto. Sergio Calvo ne veste i panni da giovane. Ramiro Boga lo rappresenta in adolescenza. Ognuno di loro offre un ritratto intenso e credibile. A tratti commovente. Accanto a loro, volti forti come Kevin Schiele (il segretario tedesco), María Lía Bagnoli (Ester Ballestrino), Luciano Borges (Padre Pepe), Néstor Zacco (Quarracino), Alejandro Schiappacase (Yorio) e Darío Miño (Padre Gustavo).
Il gesuita è stato girato nei luoghi autentici dove tutto è accaduto. Buenos Aires è più di una location: è un altro personaggio, vivo, pulsante, dolente. Originariamente pensato come miniserie, il progetto è stato montato anche in formato film unico. Il risultato? Un racconto compatto ma denso. Sincero. A tratti spiazzante.
Nel 2016, ha ricevuto l’Emmy come Miglior Programma in Lingua Non Inglese. Un riconoscimento importante, che ne ha sancito il valore artistico e culturale. Ma il vero premio è un altro: il silenzio che lascia dopo la visione. Quella riflessione che continua, anche dopo i titoli di coda. Il gesuita non celebra. Non santifica. Umanizza. E proprio per questo colpisce più a fondo.
Ci mostra un uomo che ha scelto Dio ma anche la povertà, la coerenza, la responsabilità. Che ha detto “no” alla complicità, “sì” ai derelitti. Che ha vissuto il Vangelo non come dottrina, ma come carne viva. Il film ha aperto la strada a una nuova forma di biopic religioso. Non più agiografie dorate, ma racconti di uomini reali. Con luci e ombre. E con la forza di chi cerca sempre di fare la cosa giusta, anche quando è la più difficile. Se stasera in tv non vuoi vedere un kolossal del cinema moderno, ma qualcosa che ti parli davvero, non solo di fede ma di coscienza, di scelte, di coraggio… allora non perderti questo film. Perché la vera santità non fa rumore. Ma lascia il segno.
