Alessandro Borghese visita uno dei litorali più belli d’Italia: “Paradiso naturale, storia del cinema e buon cibo”

Alessandro Borghese è tornato sul litorale romano. Ma non solo da chef o conduttore, bensì da figlio, da romano e da uomo con la memoria viva.

Lo racconta in un post Instagram emozionante, accompagnato da immagini che sanno di vento, sabbia e ricordi. Ladispoli, Fregene e Passoscuro non sono solo nomi per lui. Sono tappe di un viaggio personale. “Con mio papà andavo a Ladispoli a pescare”, scrive. “A Fregene ho trascorso tante estati da ricordarne ancora i dettagli”. E poi le telline di Passoscuro, che ancora oggi fanno brillare gli occhi a chi le ha assaggiate una volta sola.

Oggi Alessandro non è lì per rilassarsi. È lì per raccontare. Per scoprire dove va a mangiare un romano vero, a solo un’ora dal Colosseo. Tempo permettendo, traffico incluso. Roma è vicina, ma qui il respiro è diverso. Meno marmo, più sale. Meno frenesia, più brezza. È una fuga che sa di autenticità. Il litorale laziale è un intreccio di elementi unici: natura selvaggia, cinema e cucina popolare. È questa la sua forza. È questo che Borghese vuole esplorare.

Alessandro Borghese
Alessandro Borghese lungo il litorale romano. Fonte: Instagram

Alessandro Borghese tra il mare di Fellini, le fritture dei pescatori e i sapori di casa

Negli anni ’50 e ’60, Fregene era il rifugio dei grandi. Federico Fellini, Marcello Mastroianni, Pier Paolo Pasolini. Qui venivano a trovare pace, ispirazione e sapori semplici. Gli spaghetti con le vongole, la frittura di paranza, le cruditè. Piatti nati sulla riva, cucinati in capanni spartani. Gusto e verità, senza fronzoli. Ma oggi com’è cambiato tutto questo? È la domanda che si fa Borghese mentre cammina tra sabbia nera, ombrelloni chiusi e passerelle di legno consumato.

Alessandro Borghese
Alessandro Borghese lungo il litorale romano. Fonte: Instagram

Alcuni ristoranti balneari scelgono l’evoluzione: piatti gourmet, presentazioni creative, rivisitazioni moderne. Altri resistono nella loro semplicità. Tovaglie a quadretti e pesce fresco appena arrivato dai pescherecci di Civitavecchia o Anzio. Borghese si ferma, osserva, assaggia. Sorride. Conosce bene quei sapori. Sa distinguere la retorica dalla verità. Non giudica. Racconta. La sua presenza sul litorale diventa racconto di un’Italia che cambia ma resiste. Dove i ricordi familiari si intrecciano con il futuro della ristorazione.

In una foto lo vediamo su una barca di salvataggio con scritto “Fregene – Salvataggio”. Poi ce n’è un’altra, davanti alle rovine romane sulla spiaggia. In un’altra ancora, tra i fiori spontanei che crescono tra le dune. Ogni scatto è una dichiarazione d’amore. Per un mare che non cerca glamour, ma verità. Per una cucina che ha ancora qualcosa da dire, anche senza stelle Michelin. Il pubblico lo segue. I commenti si moltiplicano. C’è chi ricorda le estati con i nonni a Torvaianica, chi scrive “anche mio padre mi portava a pescare lì”.


È la potenza della narrazione autentica. Borghese non crea un contenuto. Condivide un’appartenenza. In un tempo in cui tutto è curato, impostato, filtrato, queste immagini raccontano la realtà. Il vento che spettina i capelli. Il sole che cuoce la pelle. Il sapore del mare vero.

Alla fine resta una domanda sospesa: la cucina di mare romana saprà evolversi senza perdere sé stessa? Borghese non dà una risposta. Ma ha iniziato un racconto che, forse, spingerà altri a cercarla.

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