Eurovision, prime prove per Lucio Corsi: non solo sottotitoli! L’esibizione svela chiaramente perché ruberà la scena a Gabry Ponte

Lucio Corsi sorprende ancora per l’Eurovision Song Contest. Dopo il successo a Sanremo 2025 con il brano “Volevo essere un duro”, l’artista maremmano porta la sua visione anche alla competizione europea, in scena a Basilea. Le prime prove raccontano un’esibizione che sfugge alle regole dello show.

In un’arena dominata da fuochi d’artificio, giochi di luce e consolle digitali come quella pensata per Gabry Ponte e la sua “Tutta l’Italia”, Corsi sceglie la sottrazione. Silenzio al posto del volume. Suggestione invece dell’effetto speciale. Le immagini delle prove tecniche parlano chiaro: Lucio siede al piano, solo, in una scena che sembra uscita da un film degli anni ’60. Il filtro seppia, applicato in post-produzione, trasforma la sua esibizione in un’esperienza cinematografica. Non è solo un vezzo estetico: quel tono caldo serve a introdurre i sottotitoli in inglese della canzone, come in un vecchio western trasmesso in tv.

Dietro di lui, due amplificatori vintage. Uno altissimo, quasi quattro metri. L’altro più compatto, ai suoi piedi. L’effetto è potente. Non serve altro. Non servono led o coreografie. Serve solo l’atmosfera. Durante l’esibizione, Corsi si alza. Cammina lentamente verso il centro del palco. Prende la chitarra. E lì, nell’assoluta semplicità, trova la forza di distinguersi. Il momento funziona. Nessun artificio: solo uno sguardo, una nota, una voce.

Eurovision
Lucio Corsi al Festival di Sanremo 2025

Eurovision, Lucio Corsi è l’outsider autentico che emoziona (e convince)

Lucio Corsi non insegue il successo. Lo racconta da sempre. Lo ha fatto a Sanremo, dove si è classificato secondo dietro a Olly. Ma è lui a rappresentare l’Italia all’Eurovision, dopo la rinuncia del vincitore. Un cambio di rotta imprevisto. E forse necessario. “Volevo essere un duro” è una ballad rock dolce e malinconica. Parla di fragilità, di identità, di tenerezza. Di quella voglia di sembrare forti che spesso copre una realtà molto più umana. Il testo è già cult: “Cintura bianca di judo / invece che una stella, uno starnuto…”.

L’esibizione rispecchia tutto questo. Non è una performance. È una dichiarazione. Un invito a rallentare, ad ascoltare, a non urlare per essere notati. E in questo, Lucio Corsi sembra fare l’opposto di quanto promette la spettacolare regia dell’esibizione di Gabry Ponte, prevista con consolle al centro del palco, fuochi sincronizzati e visual da discoteca post-futurista.

Ma proprio per questo, Lucio rischia di bucare lo schermo. Di emozionare chi non si aspetta nulla. Di rubare la scena non con la potenza, ma con l’intimità. Il suo team ha già diffuso lyric video in sei lingue, accompagnati da illustrazioni delicate, coerenti con il suo immaginario. L’obiettivo è chiaro: avvicinare il pubblico internazionale, senza snaturare il suo stile.

In un Eurovision che premia sempre più spesso l’eccesso, Corsi potrebbe essere l’eccezione che conquista tutti. Non solo perché diverso. Ma perché autentico. Le prime reazioni a Basilea lo confermano. Giornalisti internazionali e addetti ai lavori parlano di un momento “fuori dal tempo”, che “fa respirare” in mezzo alla frenesia. Se c’è una carta segreta per l’Italia, ha i capelli lunghi e veste con spalline gialle. Lucio Corsi non cerca il podio. Ma se salirà, sarà per merito di un’emozione che non ha bisogno di esplodere. Solo di essere vista.

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