Tutto Quello Che Ho: una fiction quasi perfetta, ma inciampa dove meno ti aspetti.
La nuova fiction Mediaset con Vanessa Incontrada, ha tutto per essere un successo. Lo dicono gli ascolti, lo confermano i commenti del pubblico e lo testimonia una costruzione narrativa che regge benissimo il confronto con i migliori prodotti del genere drammatico-thriller degli ultimi anni. La serie, in onda ogni mercoledì sera su Canale 5 e disponibile su Mediaset Infinity, mescola intensità emotiva e realismo in maniera rara nel panorama televisivo italiano. Eppure, qualcosa inceppa il meccanismo. E quel qualcosa non è nella scrittura, né nella regia, né tantomeno nelle interpretazioni, tutte solide e credibili. Il problema arriva da una scelta editoriale che, come già accaduto per Il Turco, rischia di affossare proprio i momenti di maggiore tensione narrativa: i troppi stacchi pubblicitari, piazzati nei punti meno opportuni.
Non c’è dubbio: Vanessa Incontrada nei panni di Lavinia Santovito è il cuore pulsante di tutta la serie. Il suo personaggio, una madre che cerca la verità sulla tragica morte della figlia, è costruito con sfumature autentiche, senza cadere nel cliché dell’eroina infallibile. Accanto a lei, Marco Bonini e Ibrahima Gueye completano un cast che riesce a dare corpo a personaggi credibili, in una Livorno cupa e carica di tensione. La regia, firmata da Monica Vullo e Riccardo Mosca, alterna sapientemente primi piani emotivi a sequenze più tese e thriller, mantenendo sempre alta l’attenzione. La sceneggiatura, ispirata a una vicenda vera, affronta temi forti come il lutto, il razzismo, le dinamiche familiari e le falle del sistema giudiziario. È un mix che funziona e colpisce. Ma perché spezzare l’intensità con spot mal piazzati?
Tutto Quello Che Ho: troppa pubblicità spezza il successo della fiction Mediaset?
E qui veniamo al punto dolente. Durante la seconda puntata, andata in onda il 16 aprile, molti telespettatori su X (ex Twitter) hanno segnalato un dettaglio che ha rovinato l’esperienza di visione: l’inserimento eccessivo e mal calibrato delle pause pubblicitarie, soprattutto nella parte finale dell’episodio, dove si concentrano i colpi di scena. I commenti si moltiplicano, alcuni ironici, altri palesemente frustrati. Il pubblico percepisce chiaramente lo sbilanciamento: una narrazione pensata per colpire allo stomaco viene continuamente anestetizzata da stacchi pubblicitari che spezzano il ritmo, svuotano l’emotività e, nel peggiore dei casi, confondono.

La sensazione di déjà vu è forte. Anche Il Turco ha subito critiche simili: troppa pubblicità, posizionata male, proprio nei momenti più caldi. Il risultato? Una visione frammentata, meno coinvolgente. Tali temi che chiedono immersione, non interruzioni. È chiaro che la pubblicità rappresenta una fetta importante del modello economico televisivo. Ma oggi, con un pubblico sempre più esigente e abituato allo streaming senza interruzioni, serve ripensare il modo in cui vengono gestiti gli stacchi. Perché una fiction del genere merita di essere vista senza distrazioni. E perché chi investe tempo e attenzione per seguire una storia così intensa non dovrebbe essere ricompensato con uno spot di shampoo nel momento più drammatico. La speranza è che Mediaset ascolti i feedback, tanti e ben motivati, che stanno emergendo puntata dopo puntata. Anche perché, con altri due episodi ancora da mandare in onda, c’è tutto il tempo per correggere il tiro.
