Netflix accende i riflettori su Volevo nascondermi, il viaggio emozionante di Antonio Ligabue.
Chi era davvero Antonio Ligabue? Un folle? Un genio incompreso? O semplicemente un uomo fragile che cercava rifugio nell’arte? Volevo nascondermi, disponibile su Netflix, risponde a queste domande con una forza visiva e narrativa che colpisce dritto al cuore. Diretto da Giorgio Diritti e interpretato magistralmente da Elio Germano, il film racconta la vita tormentata di uno dei pittori più originali del Novecento, trasformando il suo dolore in poesia visiva. Ligabue, nato in Svizzera da madre italiana e cresciuto tra abbandoni e istituti psichiatrici, viene espulso e rispedito in Italia, dove affronta la miseria e l’isolamento. È proprio in questa marginalità che scopre la pittura: una forma di sopravvivenza, un grido silenzioso ma potente.

I suoi dipinti – animali feroci, paesaggi rurali, autoritratti inquieti – diventano specchi della sua interiorità spezzata ma autentica. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati segna una svolta nella sua carriera, ma la sua vita rimane segnata da solitudine, rifiuto e incomprensioni. Attraverso un flusso di coscienza che mescola presente e passato, Volevo nascondermi porta lo spettatore nella mente disordinata ma lucidissima di Ligabue. È un film che non accompagna, ma trascina, con momenti di silenzio più eloquenti di mille battute e immagini che rimangono incollate agli occhi. La performance di Elio Germano è il cuore pulsante dell’opera. L’attore romano, trasformato nel corpo e nell’anima, incarna Ligabue con una verità disarmante. La sua interpretazione è fisica, sporca, sincera. Il modo in cui cammina, parla a scatti, urla con gli occhi, lo rende vivo, vulnerabile, indimenticabile. Non a caso, Germano ha conquistato con questo ruolo l’Orso d’Argento come Miglior Attore al Festival di Berlino 2020 e il David di Donatello nel 2021.
Elio Germano inarrivabile su Netflix: una delle sue migliori interpretazioni
Volevo nascondermi è molto più di una grande prova attoriale. È un’opera corale in cui ogni dettaglio concorre a creare atmosfera: la fotografia di Matteo Cocco, cupa e vibrante, sottolinea la claustrofobia emotiva di Ligabue alternando spazi angusti e campi aperti pieni di simbolismo. I costumi, premiati agli European Film Awards, aiutano a raccontare un’Italia povera e rurale durante il Ventennio fascista, mentre la regia di Diritti dosa con sensibilità la poesia visiva e l’introspezione, senza mai cadere nel pietismo. Il film ha totalizzato ben 15 candidature ai David di Donatello, vincendone 7, tra cui Miglior Film e Miglior Regia. È stato anche premiato con il Nastro dell’Anno ai Nastri d’Argento, a conferma di un successo tanto critico quanto emotivo.
Tuttavia, non è un film comodo. Alcuni critici hanno sottolineato un’eccessiva ricerca estetica che, in certi momenti, rischia di appesantire il racconto. Ma forse è proprio questo il punto: la vita di Ligabue non è stata lineare né facile, e il film sceglie di restituircela così, senza filtri. L’arte, d’altronde, non è mai rassicurante. Guardare Volevo nascondermi è un’esperienza. Significa entrare nella pelle di un uomo che ha sofferto, amato e creato contro tutto e tutti. Un uomo che non cercava fama, ma solo di essere accettato. E in questa ricerca disperata di un posto nel mondo, ognuno può riconoscere un frammento di sé. Su Netflix, questo film non è solo un titolo da aggiungere alla lista: è una visione che lascia il segno. Una lezione di umanità e una celebrazione struggente della potenza trasformativa dell’arte.
