Né Can Yaman né Kabir Bedi: Sandokan poteva essere un altro (e forse avrebbe diviso meno)

Ieri sera è andata in onda l'ultima puntata di Sandokan, la fiction Rai con Can Yaman (la cui voce italiana era quella di Adriano Giannini), Alessandro Preziosi, Ed Westwick e Alanah Bloor che ha letteralmente conquistato tutti. Eppure, guardando la serie in tanti sono stati nostalgici in merito a Kabir Bedi, ex Tigre della Malesia e per questo si può dire che il protagonista attuale ha spaccato in due il pubblico: da un lato c'è chi lo ha amato, dall'altro chi lo ha confrontato troppo al primo interprete di Sandokan. E se fosse stato invece qualcun altro a interpretare il personaggio? Come sarebbe andato il casting? È quello che ci siamo chiesti.

Con cifre da kolossal agli ascolti durante la messa in onda, il Sandokan di Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo (pur sempre nato dalla penna di Emilio Salgari) ha funzionato, al punto che il duo di registi avrebbe già confermato la seconda stagione, proprio ieri, a ridosso della messa in onda del finale. Un finale che è piaciuto perché 'lieto' per la coppia Sandokan-Marianna e perché conclusivo per tutti gli archi narrativi da Yanez che ritrova la fede a Salgari (Samuele Segreto) che si impegna a scrivere la storia dei Dayak per amore di Sani (Madeleine Price), passando per Brooke che conquista il suo trono, seppur a caro prezzo. La storia è stata convincente e adesso è chiara la direzione, non solo del protagonista, ma anche dei prossimi capitoli: Mompracem. Ma se non avessimo avuto Can Yaman a guidare il cast, chi sarebbe potuto essere Sandokan?

Sandokan: trionfo di Can Yaman, ma se non ci fosse stato lui come sarebbe andata?

I titoli di coda di Sandokan sono appena scorsi, ma le polemiche, invece, no. Al centro di tutto c’è lui: Can Yaman. Amatissimo, ma anche contestato e analizzato al microscopio. Dall’altra parte, come un’ombra ingombrante, resta Kabir Bedi, il Sandokan originale, l’icona e il ricordo collettivo di un’altra epoca televisiva. Il confronto è diventato inevitabile e forse anche troppo facile. Ma ora il vero punto non è stabilire chi sia stato il migliore: è pensare... se Sandokan avesse avuto un altro volto?

Can Yaman non è stato scelto per caso: fisico scolpito (e costruito con 5 anni di duro lavoro), presenza scenica e un’immagine internazionale: è un Sandokan moderno, più vicino alle grandi produzioni seriali globali e meno legato alla nostalgia. E mentre scorrevano le ultime scene, una sensazione diventava sempre più chiara: Sandokan non è un museo, ma un personaggio che attraversa il tempo e ogni epoca può immaginarlo a modo suo.


E allora, senza togliere nulla a Can Yaman, viene naturale pensare a chi altro avrebbe potuto incarnarlo oggi, solo fisicamente e idealmente. Non meglio o peggio, ma diversamente. Il primo nome che viene in mente è Michele Morrone con uno sguardo che buca lo schermo, un’immagine già riconosciuta all’estero e un magnetismo che funziona subito. Il suo Sandokan sarebbe stato più istintivo, selvaggio e meno rassicurante. Poi c’è Andrea Arcangeli con un volto diverso, più introspettivo e cinematografico. Il suo Sandokan sarebbe stato più silenzioso, meno muscolare e forse più emotivo. Infine, Alessandro Borghi, un attore che porta sempre il conflitto in scena. Il suo Sandokan sarebbe stato ruvido, terreno e forse il più distante dall’immaginario classico.

Sandokan
Michele Morrone

Sarebbero stati meglio di Can Yaman? Probabilmente no. Ma forse avrebbero diviso meno perché meno esposti e meno simbolici. Can Yaman, invece, è diventato il centro del discorso, il bersaglio e il punto di rottura. Volendo cogliere il lato positivo, questo, nel bene o nel male, significa una cosa sola: Sandokan è tornato a essere rilevante. Non solo come fiction, ma come personaggio culturale. Ed è questo il suo vero successo.

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