La fiction Rai più sottovalutata e potente: la guardi in due serate e non la dimentichi più

C'è una fiction Rai spesso sottovalutata ma molto potente che riesce in due serate a incollarti davanti allo schermo e a non lasciarti più, anche dopo la visione. Si tratta di Brancaccio, è datata 2001 e racconta la storia di don Pino Puglisi con la sua lotta alla mafia nel quartiere di Palermo noto come Brancaccio. Nella serie si intreccia la propria battaglia civile con la storia di due ragazzi, fratelli tra di loro e vicini a Cosa Nostra. Alla regia c'è Gianfranco Albano, mentre Ugo Dighero interpreta don Puglisi e Beppe Fiorello quello di un giovane diviso fra la famiglia e la malavita.​

La storia segue don Pino, prete nominato parroco nel quartiere di Brancaccio, che ritiene la fede un vero e proprio impegno civile: vuole far sì che i ragazzi non vaghino per la strada senza obiettivi, aprire una scuola, spingere i commercianti e le famiglie a sottrarsi alle pratiche dell'usura e del racket, scontrandosi inevitabilmente con il boss locale, Sebastiano Marsala, latitante eppure padrone assoluto del posto. In questa guerra si inseriscono le vicende di Nuccio, ragazzo di 25 anni, solo dopo il decesso dei genitori, che si trova a far da padre a suo fratello Santino, di appena 16 anni. Nuccio ha una doppia vita: marito e padre dal lavoro “pulito”, ma anche uomo di fiducia dell'uomo che dovrebbe isolare don Pino. Invece Santino, conquistato dal parroco, finirà per tradire suo fratello e denunciare i malavitosi; il racconto culmina con l'omicidio di Puglisi nel '93 sul sagrato della parrocchia.

Fiction Rai
Brancaccio, fiction Rai

La fiction Rai più forte e dimenticata con Ugo Dighero e Beppe Fiorello: perché è importante recuperare Brancaccio

Brancaccio è su RaiPlay e dura appena due puntate. Il punto forte della miniserie è indubbiamente la storia, ma anche il cast ne fa una gemma rara e preziosa: oltre a Ugo Dighero e Beppe Fiorello, da citare Alessandro Agnello, Tiziana Lodato, Calogero Buttà, Lucia Sardo e Andrea Tidona. Questa non è una fiction da “vedere”, ma da attraversare. Brancaccio racconta la mafia senza mitizzarla, ma mostra il suo peso quotidiano. Fa vedere come le scelte piccole e i tradimenti silenziosi possano fare la differenza.

La serie non corre, ma osserva e lascia spazio ai volti, agli sguardi e ai dubbi. Rivederla oggi, su RaiPlay, è un’esperienza diversa, ancora più matura e necessaria. Ricordiamo che fa parte di quel filone di fiction Rai di impegno civile dei primi Duemila, un periodo in cui la prima serata generalista diventava spazio di memoria e responsabilità. Non è una serie urlata, né una visione facile, ma è una storia che parla tuttora di educazione, di scelte e di coraggio quotidiano.

E parla anche di televisione e di come essa sia cambiata: mostra quel tempo in cui il servizio pubblico sapeva rischiare, spiazzare e lasciare il segno. Due serate bastano, ma quello che resta dura molto di più. Brancaccio è sottovalutata ed è proprio per questo che oggi va recuperata.

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