Ieri sera in onda su Rai 1 gli episodi 5 e 6 di Sandokan, dal titolo 'Il cuore della giungla' e 'Nel buio'. La puntata ha mostrato il viaggio iniziatico dell'eroe fra i Dayak, tra cui la difficilissima prova del cobra, la cecità momentanea e le verità spiazzanti sul suo passato. Proprio queste scoperte hanno allontanato il protagonista da Marianna e Yanez (per motivi diversi). Stasera, 16 dicembre, durante il finale di stagione (composto dagli episodi 7 e 8, 'Morte di un pirata' e 'Il prezzo della riscossa'), ci sarà il confronto durissimo con il Sultano, lo scontro con le armi e la trasformazione totale di Sandokan in mito, con scelte essenziali anche per i personaggi di Marianna, Yanez e Brooke. In attesa di tutto ciò, è essenziale capire perché ieri Can Yaman - interprete del personaggio principale, ha diviso, perturbato, ma soprattutto... funzionato!
Forse per molti Can Yaman non era l'attore giusto per fare Sandokan. Da quando la serie è approdata su Rai 1 sono centinaia i commenti che lo ritengono troppo poco 'forte' rispetto al suo predecessore Kabir Bedi. Eppure, nella puntata di ieri, l'attore turco ha dimostrato perché la scelta di investire su di lui da parte di Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo sia stata più che sensata. D'altro canto, se non lui chi avrebbe potuto interpretare la Tigre della Malesia? Michele Morrone, Andrea Arcangeli e Alessandro Borghi? Sono nomi importanti del panorama attuale, certo, ma non avrebbero avuto quel 'quid' che ieri ha dimostrato Yaman.
Can Yaman, qualcosa nella puntata di ieri fa capire perché è il Sandokan perfetto
C’è un momento preciso, nella puntata di ieri di Sandokan, in cui qualcosa è cambiato rispetto alla percezione di Can Yaman nei primi episodi. Non è stata una scena d’azione, né una rivelazione urlata, ma solo uno sguardo e una ferita interiore portata sullo schermo in maniera egregia: ed è lì che si è capito perché l'attore turco non è stata una scelta casuale per il protagonista di questa nuova versione targata Rai 1. Nelle prime puntate, Sandokan sembrava muoversi entro confini riconoscibili. Abbiamo visto il pirata furbo che si è insinuato nel palazzo del console, l'uomo in fuga che ha rapito Marianna, il figlio che ha cominciato la sua vita 'dissoluta' solo per salvare la madre. Insomma, Sandokan si è mostrato archetipico e solido nei primi appuntamenti, ma ancora bidimensionale.
È stato ieri che qualcosa, finalmente, ha preso profondità. Il viaggio tra i Dayak, nella giungla del Borneo, non è stato solo geografico, ma identitario. Quando Sandokan ha perso la vista, ha iniziato davvero a vedere. E così non è più soltanto il pirata braccato dal Sultano, il nemico di James Brooke (un ambiguo e disturbante Ed Westwick), l'innamorato di Marianna. Ieri è diventato la Tigre della Malesia e ha mostrato come proteggere i più deboli significa anche perdere qualcosa di sé.

Perché il confronto con Kabir Bedi non ha più senso
Can Yaman ha potuto anche dividere nelle prime puntate, ma in quelle di ieri ha scosso tutti i telespettatori. Il suo Sandokan non è più imperturbabile, monolitico o privo di espressione come qualche commento cattivo ha fatto notare: è un eroe pieno di crepe. Si mostra forte, ma non è mai un bullo. Pur essendo carismatico, non è invincibile. È fragile e lo mostra quando scopre la verità su suo padre, quando capisce che a uccidere i suoi genitori è stato il padre di Marianna e quando l’amore, invece di salvare, complica. Alanah Bloor, nei panni di Marianna Guillonk, resta al suo fianco e lo aiuta a recuperare la vista, ma non può proteggerlo dalla verità e da sé stesso.
A chi continua a evocare Kabir Bedi, viene da rispondere una cosa semplice: il confronto con l'ex attore della Tigre non ha senso, perché il nuovo Sandokan è diverso. È più esposto, forse meno eroico, ma più umano. Non rassicura ma perturba, ed è proprio questo che ha spiazzato parte del pubblico abituato forse a un mito ormai 'stantio'. Qui, invece, il mito si incrina, e funziona.
