Milano, Piazza Duomo e l’ex vincitore di Masterchef Valerio Braschi: oro, velluto, marmo e una vista che abbraccia la città. È qui che Francesco Zini ha deciso di sedersi per pranzo.
Il food content creator ha provato il ristorante di Valerio Braschi, vincitore della sesta edizione di MasterChef Italia, oggi alla guida del suo The View nel cuore più luminoso della città. L’ambiente è elegante ma non rigido: toni scuri, luci morbide, servizio giovane e informale. Una Milano raffinata, ma senza eccessi.
Appena aperto il menù, Zini ha trovato le opzioni di degustazione da 6 o 10 portate. A pranzo, però, è disponibile solo quella da sei portate a scelta dello chef. Prezzo totale del pasto: 118 euro. “Per la location – ha commentato – è un prezzo giusto, se i piatti mantengono le promesse.”
Il percorso parte con quattro piccoli amuse-bouche pensati per introdurre lo stile dello chef. La sfera di amatriciana rivestita al pecorino è un boccone potente, quasi pastoso, dal carattere deciso. Segue una tartelletta con crema di melanzane e uova di muggine: sapori dolci e sapidi, anche se la base di pasta è un po’ troppo spessa. Poi arriva il “finto pomodoro” con foie gras, tartufo e cioccolato bianco, una rivisitazione scenografica che stupisce ma vira verso il dolce. Infine, la “bruschetta liquida”, un estratto di pane arrostito, pomodoro e basilico, che Zini ha definito “una trovata geniale: sembra di bere una bruschetta”.
Il pasto prosegue con il pane caldo e una degustazione di oli extravergine, servita su un piattino a forma di tavolozza, chiaro richiamo alla creatività dello chef. Poi la prima portata ufficiale: pesce gatto con salsa “scandinava”, panna e uova di salmone. Croccantezza e note affumicate ben bilanciate, anche se la salsa rischia di sovrastare il pesce. “Buono, ma manca un po’ di armonia”, osserva Zini.
Segue la portata chiamata “Il Bosco”: quaglia con crema di funghi porcini, tartufo nero, finferli e bottarga di funghi. Al tavolo viene versato un brodo al muschio caldo per ricreare la nebbia e l’aroma del sottobosco. “Molto d’effetto, ma il gusto non raggiunge la stessa intensità della scena”, ha raccontato. La carne è buona e saporita, ma gli elementi accessori si annullano tra loro.
Il viaggio prosegue con i gyoza di Wagyu e cipollotto serviti in un consommé Lanzhou di manzo, aromatizzato con zenzero, chiodi di garofano e anice stellato. Il brodo è elegante, delicato, quasi balsamico.
La quarta portata riporta l’Italia al centro: spaghetto al pomodoro del Piennolo con gambero. Un classico interpretato con misura e tecnica. Pasta perfettamente al dente, salsa intensa e pulita, pomodoro equilibrato. “Un piatto che ricorderò a lungo”, dice Zini. “Da ripulire il piatto.”
Arriva poi il Glacier 51, un pesce delle profondità oceaniche, cotto alla piastra e rifinito in griglia, servito con fondo di Rubia Gallega. Il risultato è sorprendente: un piatto carnoso, con note affumicate e una texture quasi “bovina”. “Pochi elementi, ma centrati.” Il dessert è un riccio di mare alleggerito, servito con bavarese, gel allo yuzu e lime. Due bocconi intensi, che mescolano dolce e iodato. “Interessante e rischioso. Divisivo, ma non banale.”

Conto finale, punti forti e debolezze del menù di Valerio Braschi, ex vincitore di MasterChef
Alla fine, lo scontrino segna 118 euro. Zini lo definisce “più che giusto” per una location simile, affacciata sulla Galleria e con un percorso che alterna tecnica e creatività.
Punti forti:
- Location straordinaria con vista sul Duomo di Milano.
- Servizio informale ma attento.
- Spaghetto al Piennolo e Glacier 51: due piatti di altissimo livello.
- Bruschetta liquida: invenzione memorabile.
Debolezze:
- Alcuni piatti troppo scenografici rispetto al sapore reale.
- Sfera di amatriciana e dessert al riccio un po’ sbilanciati.
- Wagyu poco riconoscibile al palato.
Secondo Zini, Valerio Braschi è un talento pieno di energia e idee. Alla domanda se ci tornerebbe, la risposta è positiva, ma con una sfumatura: “Sì, ma la prossima volta sceglierei la carta“. Nel complesso, l’esperienza è stata per Zini un mix tra emozione, curiosità e onestà. Non tutto convince, ma la visione dello chef è chiara e personale. Tra un boccone di spaghetto al Piennolo e un morso di Glacier 51, l’impressione è netta: non è un pranzo qualsiasi. Un ristorante che divide, ma non lascia indifferenti. E in una città come Milano, questo vale già il prezzo del biglietto.
