Hai tempo fino al 27 ottobre, poi Madres paralelas uscirà dal catalogo Netflix. È il momento giusto per recuperare il capolavoro più maturo di Pedro Almodóvar. Un film che parla di maternità, memoria, identità. Con una Penélope Cruz travolgente. Un’opera che ha acceso conversazioni ovunque. Nei cineclub, sui social, ai festival.
La storia è semplice. E taglia come un bisturi. Janis è una fotografa quarantenne. Vive a Madrid. Decide di tenere la bambina che sta per nascere. Il padre è Arturo, un antropologo forense. Sta lavorando all’apertura di una fossa comune della guerra civile spagnola. In ospedale Janis incontra Ana. È giovanissima. È spaventata. Anche lei diventerà madre, ma dopo una violenza di gruppo. Le due donne partoriscono nello stesso momento. Da qui, una catena di scelte. Una verità taciuta. Un test del DNA che scuote ogni certezza. Nasce un legame che va oltre il sangue. E interroga la memoria collettiva di un Paese.
Almodóvar intreccia due piani. La vita privata. E la storia d’Spagna. La macchina da presa guarda le case, i volti, le ombre. Poi scende in profondità. Nelle stanze del lutto. Nelle cucine in cui si tramandano verità scomode. Ogni inquadratura è pensata. Ogni colore pesa. È un cinema di corpi e di dettagli. Che non urla. Eppure rimane addosso. Penélope Cruz firma una delle sue prove migliori. È carnale. Contraddittoria. Lucida e vulnerabile. Per questo ruolo ha ricevuto la Coppa Volpi a Venezia 78 e la candidatura all’Oscar come miglior attrice. Accanto a lei, la rivelazione Milena Smit. Il suo sguardo ferito dà al film un respiro generazionale. Nel cast brillano anche Israel Elejalde, Aitana Sánchez-Gijón e l’iconica Rossy de Palma. È un ensemble che parla la lingua del cinema europeo. Con precisione. Con grazia.

Madres paralelas su Netflix: riconoscimenti e regia innovativa di Almodóvar
Sul piano dei riconoscimenti, il percorso è chiaro. Coppa Volpi a Penélope Cruz. Nomination agli Oscar per attrice protagonista e colonna sonora originale. Premi e candidature in mezzo mondo. Ma l’effetto più forte è altrove. Nella ricezione del pubblico. Nel passaparola. Nella sensazione di aver visto un film necessario. Perché urgente adesso? Perché parla di verità. Di segreti ereditati. Di micro-decisioni che cambiano destini. Parla di madri imperfette. Umane. Concrete. E dice qualcosa su come un Paese affronta i propri fantasmi. Senza retorica. Senza proclami. Con la tenerezza delle piccole azioni.
La regia di Almodóvar è un orologio emotivo. La sceneggiatura costruisce tensione a strati. I dialoghi sono chirurgici. La fotografia esalta i rossi, i verdi, i neri. I colori non sono arredo. Sono drammaturgia. La casa di Janis racconta Janis. Gli spazi rivelano ciò che i personaggi non dicono. È il marchio di fabbrica di un autore che ha riscritto il modo di raccontare le donne. Lo fa senza giudizio. Con un rispetto assoluto.
Perché rivederlo ora su Netflix: trama, cast, riconoscimenti, curiosità e impatto
Penélope Cruz è magnetica. Milena Smit sorprende per misura e intensità. Israel Elejalde porta in scena l’etica del lavoro sulla verità. Aitana Sánchez-Gijón incarna il conflitto tra ambizione e cura. Rossy de Palma aggiunge spigoli e ironia. È un cast prevalentemente femminile. E funziona proprio per questo. Madres paralelas segna un passaggio di tono per Almodóvar. Meno grottesco. Più doloroso. Il motivo è evidente. La storia delle fosse comuni entra nel cuore del film. E lo riorienta.
Dopo Madres paralelas, molti racconti europei hanno intrecciato storia privata e memoria collettiva con rinnovata audacia. È un film che ha allargato il campo. Ha rimesso al centro le madri imperfette. Ha riaperto un dialogo sul dovere del ricordo. E su come il cinema possa cucire ferite antiche. Senza chiudere gli occhi sul presente. Se ami il cinema d’autore, non rimandare. Hai pochi giorni. Premi play su Netflix. Lasciati guidare da Almodóvar. E guarda Penélope Cruz in stato di grazia. Madres paralelas non è solo un film da vedere. È un racconto da portare con te.
