Ancora su Netflix, ma per poco: il film con Schwarzenegger che Hollywood non ha mai perdonato

A volte basta un titolo nascosto tra i meandri di Netflix per riaccendere la memoria del grande cinema d’azione. Tra blockbuster rumorosi e nuove serie che arrivano ogni giorno, c’è un film che resiste al tempo e alla dimenticanza: Danni collaterali. Un thriller che, vent’anni dopo, continua a raccontare molto più di quello che mostra.

Dirige Andrew Davis, lo stesso regista de Il fuggitivo, e davanti alla macchina da presa c’è Arnold Schwarzenegger nel pieno della sua maturità cinematografica. Non più solo muscoli e battute a effetto, ma un uomo travolto dal dolore e dalla perdita. Accanto a lui, l’eleganza intensa di Francesca Neri, qui nel ruolo della misteriosa Selena Perrini, la moglie di un terrorista in fuga.

La trama è semplice e implacabile. Gordon Brewer è un vigile del fuoco di Los Angeles. Un giorno, un attentato esplosivo gli porta via la moglie e il figlio. Per le autorità, quelle morti sono “danni collaterali” di una guerra che non si può fermare. Ma per Brewer diventano una ferita impossibile da chiudere. Così decide di agire da solo, di varcare confini e regole per dare un volto alla giustizia che il mondo sembra aver dimenticato.

Netflix
Danni collaterali, su Netflix

Inizia così un viaggio che lo porta fino in Colombia, tra giungle e insidie, in una caccia all’uomo carica di tensione e colpi di scena. Sul suo cammino incontra El Lobo, il guerrigliero spietato interpretato da Cliff Curtis, e una rete di ambiguità morali che confonde vittime e carnefici. È qui che il film abbandona il linguaggio del puro intrattenimento per toccare domande più profonde: quanto vale una vita, quando la vendetta diventa l’unica risposta possibile?

Al momento della sua uscita nel 2002, Danni collaterali non trovò il successo sperato. Il pubblico non era pronto a un Schwarzenegger diverso, più umano e meno invincibile. Gli incassi furono modesti e la critica fredda, ma il tempo – come spesso accade – ha cambiato le carte in tavola. Oggi il film viene riscoperto per la sua onestà narrativa: dietro le esplosioni, c’è un racconto di dolore e di responsabilità personale.

La performance di Francesca Neri fu accolta con grande favore in Italia, segno che anche in un prodotto hollywoodiano standardizzato poteva emergere un’anima europea, più sfumata, più complessa. Il suo personaggio, sospeso tra amore e colpa, anticipa molti archetipi femminili che vedremo poi in serie come Homeland o Zero Dark Thirty.

Danni collaterali è anche un piccolo frammento di storia del cinema: una pellicola che segna la fine di un’epoca, quella degli eroi invincibili. Dopo di lui, l’action americano diventerà più cupo, più interiore, più consapevole. Film come Man on Fire o Taken devono molto a questa trasformazione. E se all’epoca Hollywood lo considerò un passo falso, oggi appare come una tappa necessaria, quasi profetica.

Forse è per questo che rivederlo ora, su Netflix, produce una strana nostalgia. Non solo per il vecchio Arnold, ma per un modo di raccontare il dolore che il cinema ha un po’ smarrito. Le sue scene d’azione non hanno la perfezione digitale di oggi, ma possiedono un’energia sincera, fisica, “vera”.

Il film resterà ancora per poco nel catalogo (fino al 21 ottobre), poi lascerà spazio alle novità di stagione. Ma chi ama le storie di uomini comuni trasformati dagli eventi, chi cerca ancora emozioni autentiche dietro un’esplosione, dovrebbe concedergli una nuova visione. Perché, a volte, i danni collaterali non sono quelli sullo schermo, ma quelli che subiamo quando dimentichiamo il potere del buon cinema.

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