Raoul Bova e Isabella Ferrari si ritrovano insieme, ma non è solo una questione di cinema. È una storia di ritorni, di memorie, di cadute che si portano dietro speranza e ferite.
Si sono concluse da poco le riprese di “Nel tepore del ballo”, il nuovo film di Pupi Avati. Un’opera che promette di scuotere più le coscienze che i botteghini. Protagonista è Massimo Ghini, nei panni di Gianni Riccio, volto noto della televisione italiana, oggi al centro di uno scandalo che lo costringe a spogliarsi delle sue certezze. Nel cast, oltre a Raoul Bova e Isabella Ferrari, anche Giuliana De Sio, Sebastiano Somma, Lina Sastri, Pino Quartullo, Morena Gentile, Massimo Bonetti e due cameo sorprendenti: Jerry Calà e Bruno Vespa nei panni di sé stessi.
Prodotto da DueA Film con RAI Cinema, il film è stato girato tra Roma, Jesolo, Fregene e Maccarese. Location scelte non a caso, simbolo di una certa malinconia tutta italiana. Alla fotografia Cesare Bastelli, scenografie di Giuliano Pannuti, costumi di Beatrice Giannini, montaggio curato da Ivan Zuccon. La colonna sonora è firmata da Stefano Arnaldi. Il progetto era nei cassetti del regista da anni. Ma solo oggi, dopo il David di Donatello alla carriera, Avati ha trovato lo spazio giusto per raccontarlo come voleva.

Un uomo in caduta libera, un amore mai finito e una seconda possibilità nel film di Avati con Raoul Bova e Isabella Ferrari
Gianni Riccio è famoso. Elegante. Sorride spesso, ma mai con gli occhi. Dietro quel volto da copertina c’è una storia diversa, segnata dalla perdita e dalla solitudine. Orfano della madre, abbandonato da un padre che non lo ha voluto, cresce con una zia che fa del silenzio la sua lingua madre. Ma lui impara a parlare. A convincere. A vincere. Il successo arriva. Ma il prezzo è alto. Quando viene arrestato per frode fiscale, la sua vita si sgretola. In carcere, solo con se stesso, inizia il vero viaggio: quello dentro di sé.
“Nel tepore del ballo” è il racconto di questa frattura. E di una ricucitura lenta, forse incompleta, ma umana. C’è anche un amore. Una donna del passato. Forse l’unica che lo abbia mai visto davvero. Ed è qui che entra in scena Isabella Ferrari, con la sua recitazione misurata, intensa, quasi chirurgica. Raoul Bova ha il ruolo più doloroso: quello del padre mai stato tale. Un uomo che torna troppo tardi. Ma che, nel poco che resta, prova a lasciare una traccia diversa.
Avati costruisce un mosaico emotivo, fatto di silenzi, sguardi, flashback. La provincia, il mare, le sale da ballo. Tutto parla. Anche ciò che non viene detto. Il film racconta il lato oscuro del potere e il bisogno viscerale di essere perdonati. O almeno compresi. Anche da chi non c’è più. “Nel tepore del ballo” non è un film sulla televisione. È un film sull’umanità fragile che ci resta quando la telecamera si spegne. E forse è per questo che, pur non essendo ancora uscito, è già il film italiano più atteso dai cuori inquieti. Perché non parla solo di Gianni Riccio. Parla di noi. Di quando smettiamo di correre e iniziamo, finalmente, a sentire.
