Il commissario Montalbano ha cambiato la televisione italiana. Ma quello che oggi è un cult intramontabile, all’inizio sembrava un rischio. Un progetto “indecifrabile”, quasi destinato al silenzio.
Carlo Degli Esposti, produttore visionario della serie, lo ha raccontato poche ore fa all’Italian Global Series Festival. Un racconto sincero, pieno di dubbi, intuizioni e colpi di scena. “Quando mi arrivò la proposta di produrre Montalbano”, ha detto Degli Esposti, “pensai che non avrebbe mai sfondato. Era bello ma troppo stretto. E in siciliano.” La Rai era ancora un’altra cosa. Degli Esposti si rivolse a Sergio Silva, figura chiave in quegli anni nel settore Cinema e Fiction. Sembrava un tentativo destinato a fallire.
“Un lunedì, alle otto del mattino, squillò il telefono” — racconta. “Pensavo fosse uno sbaglio. Invece era Silva. Mi disse: ‘Li ho letti. I miei non ci hanno capito niente, ma è bellissimo. Vediamoci’.” Quel giorno cambiò tutto. Degli Esposti andò in Rai con un solo foglio in mano. Un impegno allo sviluppo delle storie di Andrea Camilleri. Su quella pagina nacque il titolo più amato della storia della televisione pubblica. Ben 37 film, trasmessi più di 600 volte. Montalbano non ha mai perso una serata. È il miglior investimento della Rai dalla sua fondazione. Ma all’inizio, nemmeno il produttore ci credeva. Una verità scomoda, che rende il successo ancora più sorprendente.

Montalbano e il tempo che non torna più
La voce di Degli Esposti si fa più nostalgica quando parla del presente. Di cosa è cambiato. Di cosa non tornerà. “La storia non si ripete mai,” ha detto con fermezza. “Montalbano è nato in un’epoca senza social, senza smartphone, senza streaming.” Oggi, secondo il produttore, non basterebbe il talento. Servirebbe una macchina produttiva diversa. Servirebbero tutele. Una visione a lungo termine. “Se l’avessi prodotto in Francia,” ha spiegato, “sarei venuto in elicottero a Riccione. Invece ho dovuto entrare in Media One, un gruppo estero.” Il racconto diventa politico, quasi sociale. In Italia mancano gli strumenti per far nascere grandi gruppi culturali. La forza di Montalbano è stata tutta nella sua unicità.
Le prime due stagioni fecero il 22% di share su Rai 2. Poi, spostato su Rai 1, il fenomeno esplose. Oltre il 44% di share. Una fedeltà rara. Un legame emotivo forte con il pubblico. Merito di un gruppo affiatato. Del regista Alberto Sironi, del genio scenografico Luciano Ricceri, del volto iconico di Luca Zingaretti. Tutti ingredienti irreplicabili. E poi c’era Camilleri. Presenza viva. Critica. Ironica. Sempre sul pezzo. “Quando vedeva un’ingiustizia, mi telefonava. Si indignava. Era imprevedibile. E adesso, ogni volta che leggo il giornale, mi chiedo: cosa direbbe Andrea?”
Camilleri sarà presto di nuovo in libreria. Sono stati ritrovati 200 faldoni di materiale inedito. Nuove storie. Forse nuovi misteri per il commissario. Ma per Degli Esposti, Montalbano non è solo un personaggio. È un’epoca. È un’Italia che non c’è più. È la prova che anche i grandi cult possono nascere dal dubbio. Da un quasi no. Ed è proprio per questo che restano. E diventano eterni.
