Stasera in tv, capolavoro d’animazione con 3 nomination agli Oscar: è reale, toccante, durissimo (e non per bambini)

Stasera in tv, su Rai 5 (canale 23), alle 21:14, arriva un film che non si dimentica. Si chiama Flee, e nonostante sia animato, non è adatto ai bambini. È un documentario animato tratto da una storia vera. È stato nominato a tre Oscar. E ha commosso migliaia di spettatori nel mondo. Ma non è un film semplice. Anzi: è duro, intimo, crudo. Un pugno nello stomaco che arriva dritto al cuore.

Il protagonista si chiama Amin Nawabi (nome inventato per proteggerlo). La sua è una storia di fuga dall’Afghanistan, di sopravvivenza e di identità. Ma anche di bugie necessarie, traffico di esseri umani, omosessualità nascosta e un viaggio lungo anni per trovare pace. Il film è diretto da Jonas Poher Rasmussen, amico di Amin dai tempi dell’adolescenza. Rasmussen è anche la voce narrante e l’intervistatore. La loro relazione è la spina dorsale del racconto. Un dialogo che diventa confessione, memoria, liberazione.

Tra i produttori esecutivi ci sono nomi celebri: Riz Ahmed e Nikolaj Coster-Waldau (il Jaime Lannister di Game of Thrones). Entrambi hanno creduto nel progetto fin da subito. Flee ha conquistato il mondo dei festival. È stato premiato a Annecy, Sundance, Göteborg, Jerusalem. Ha vinto il Cristal per miglior lungometraggio d’animazione. È stato osannato dalla critica e amato dal pubblico.

Ma ciò che colpisce è la sua forma. Flee usa l’animazione per raccontare ciò che non si può mostrare. Per proteggere, ma anche per far sentire. Le scene più traumatiche sono stilizzate, quasi astratte. Quelle serene, invece, sono colorate e vivide. Il risultato è un flusso emotivo potente. Un momento chiave? Quando Amin entra in un locale gay in Svezia. In sottofondo, “Veridis Quo” dei Daft Punk. Libertà, musica, luce. E il passato che, per un attimo, smette di fare male.

Stasera in tv
Stasera in tv Flee

Stasera in tv, la storia vera che ha cambiato il modo di fare cinema

Amin fugge da Kabul con la madre e i fratelli. Prima verso Mosca, dove vivono nascosti. Poi in Europa, passando per trafficanti, container, silenzi forzati. È un bambino, poi un ragazzo. Sempre in fuga, sempre in pericolo. Per ottenere l’asilo, è costretto a mentire: dire che è orfano. Annullarsi. Per anni, non racconta nulla a nessuno. Nemmeno alle autorità. Nemmeno all’amico Rasmussen. Solo quando incontra Kasper, il compagno con cui vuole sposarsi, Amin capisce che deve liberarsi. Il racconto diventa una terapia. E il film, una casa finalmente sicura.

Flee non è solo un film di denuncia. È una dichiarazione di esistenza. Di resistenza. È una lettera aperta a chi ha dovuto nascondersi per sopravvivere. A chi ha amato nel silenzio. A chi ha vissuto a metà. Per questo ha ottenuto un primato storico agli Oscar: è il primo film a essere candidato in tre categorie diverse – miglior film d’animazione, miglior documentario e miglior film internazionale.

La sua forza ha cambiato la percezione dell’animazione. Non solo intrattenimento. Non solo fantasia. Ma anche verità. Storia. Trauma. Identità. Ha influenzato registi in tutto il mondo. Ha aperto una strada nuova: quella in cui i generi si fondono, e il linguaggio visivo diventa forma di protezione e potenza narrativa. Chi guarda Flee, raramente resta lo stesso. Non è un film da guardare distrattamente. È un’esperienza da affrontare, da sentire, da portarsi dentro.

Stasera in tv, su Rai 5 alle 21:14, guardalo. Ma preparati. Non è animazione per bambini. È realtà travestita da disegno. E il cuore, alla fine, farà fatica a restare intatto.

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