Cannavacciuolo colpisce ancora: il suo cilindro di pasta alla genovese ha un ingrediente segreto che non ti aspetti

Antonino Cannavacciuolo è tornato a stupire. Non da un palco televisivo, ma dal cuore pulsante della sua cucina stellata: Villa Crespi, sul Lago d’Orta. Questa volta non si tratta di un semplice piatto. È un piccolo manifesto visivo, un gesto preciso, calmo, concentrato. Un cilindro di pasta ripiena poggiato su un letto verdissimo e croccante. Ma il dettaglio che conquista è uno solo: i fagiolini.

Sì, avete letto bene. Fagiolini. Ma marinati e poi passati alla brace. Quasi a voler dire: anche l’ortaggio più umile può diventare epico, se trattato con rispetto. Il video pubblicato nelle Instagram Stories dello chef mostra una brigata silenziosa, al lavoro con precisione chirurgica. Al fianco di Cannavacciuolo, un altro chef di Villa Crespi. I movimenti sono rapidi ma delicati. Le mani conoscono la materia. Ogni piatto viene composto come un piccolo quadro: essenziale, vivo, vibrante.

Il protagonista è un cilindro di pasta. Probabilmente rigatoni assemblati in verticale, ripieni di carne stufata alla genovese napoletana. Ma è nella guarnizione che avviene la magia. Quella verdura “accessoria” diventa il fulcro emotivo del piatto. I fagiolini non sono lì per colore o volume. Sono lì per aromatizzare, profumare, sorprendere. La marinatura dà acidità, la griglia aggiunge fumo e memoria di brace. Un tocco da chef, ma anche da poeta.

Il contrasto è potente: la cremosità del ragù alla genovese incontra il vegetale bruciato e croccante. Il tutto con un impiattamento che sembra uscito da una sfilata di moda. La foto rubata da dietro le quinte – con tanto di cappelli alti e camicie bianche – dice tutto. Si respira l’atmosfera di alta cucina italiana, ma con il calore del Sud. L’energia di chi conosce le origini e sa come spingerle oltre. Chef Cannavacciuolo non reinventa la genovese. La riscrive a modo suo. Senza nostalgia, senza esibizionismo. Solo con tecnica, anima e fuoco vivo.

Cannavacciuolo
L’impiattamento della pasta alla genovese di Antonino Cannavacciuolo. Fonte: Instagram

La nuova genovese di Cannavacciuolo: emozione alla brace in un impiattamento perfetto

Ci sono momenti in cucina in cui la tradizione e l’innovazione si incontrano per un attimo solo. Questo è uno di quelli. La genovese napoletana, uno dei piatti più densi della cultura partenopea, nasce come ragù bianco. Cipolle dolci, carne a lunga cottura, pasta robusta. Niente pomodoro. Solo umami e dolcezza.

Cannavacciuolo prende questa base storica e la trasforma in un simbolo estetico. Ispirandosi forse ai lavori di chef come Massimo Bottura o Enrico Crippa, lavora sulla sottrazione. Sulla geometria. Ma senza perdere il sapore di casa.

Instagram è il canale scelto per mostrare tutto. Non una diretta, non una clip lunga. Solo alcuni frammenti silenziosi. Il rumore dei piatti, delle pinze, dei tagli precisi. Il pubblico impazzisce. I commenti parlano di “opera d’arte”, “capolavoro visivo”, “fame improvvisa alle 10 di mattina”. Ma dietro l’estetica c’è il contenuto. E quell’idea di prendere i fagiolini e farli diventare il segreto aromatico del piatto è qualcosa di più che tecnica: è narrazione.


Questa è la forza di Cannavacciuolo nel 2025. Non più solo giudice tv, non più solo simbolo mediatico. Ma cuoco totale, capace di trasformare anche un ortaggio da contorno in un gesto protagonista. Villa Crespi oggi è un punto di riferimento. Non solo per i gourmet, ma per chiunque cerchi emozione nel piatto. E questa genovese alla brace, con quel piccolo cilindro dorato e quei fagiolini lucidi e bruciacchiati, è un invito a guardare meglio. A cucinare con più cuore. Perché in fondo, a volte, basta un fagiolino per fare la differenza.

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