Portobello, le prime immagini della serie HBO Max sono un pugno: Bellocchio mostra l’umiliazione di Tortora, Gifuni è magnetico

Il trailer di Portobello è uscito e non si dimentica. In meno di un minuto, Marco Bellocchio ci trascina in un vortice di vergogna, dolore e ingiustizia.

Fabrizio Gifuni interpreta Enzo Tortora come se avesse ancora addosso la ferita di quegli anni. Il volto teso, gli occhi fermi, l’incedere silenzioso. Esce di casa. I fotografi lo aspettano. Qualcuno grida Vergogna!.

È la prima scena del trailer di Portobello, la nuova serie evento diretta da Marco Bellocchio, in arrivo nel 2026 su HBO Max. La serie, prima produzione originale italiana della piattaforma di Warner Bros. Discovery, si apre con la sequenza che distrusse pubblicamente un uomo. Le immagini sono potenti. E fanno male. Gifuni si lascia fotografare. Non si nasconde. Sa di essere innocente. Ma sa anche che, in quell’istante, la sua vita non sarà più la stessa. I poliziotti lo caricano sull’auto. I flash lo seguono. Il mondo Rai lo guarda e tace.

Portobello” prende il nome dallo storico programma Rai condotto da Tortora dal 1977 al 1983. Ma qui non c’è nulla di televisivo o leggero. Questa è la storia di una rovina, di un’ingiustizia, di un Paese che sbagliò tutto.

Marco Bellocchio, già autore di “Esterno Notte”, dirige sei episodi scritti insieme a Stefano Bises, Giordana Mari e Peppe Fiore. La sceneggiatura non fa sconti. E il tono è quello di un’autopsia morale. Nel cast, oltre a Fabrizio Gifuni, ci sono Lino Musella, Romana Maggiora Vergano, Barbora Bobulova, Alessandro Preziosi e Fausto Russo Alesi. Ogni dettaglio è costruito con precisione chirurgica: fotografia di Francesco Di Giacomo, scenografie di Andrea Castorina, costumi di Daria Calvelli, musiche originali firmate Teho Teardo. Ma è la prima scena che resta addosso.

Il trailer mostra solo pochi secondi. Ma bastano. Lo spettatore viene trascinato in quella via anonima, davanti a quella porta. E si sente complice. O testimone. O semplicemente in colpa. “Solo chi ha provato certe cose può capire”, diceva Tortora. E in quel silenzio rotto dai flash, Gifuni sembra urlarlo con lo sguardo.

Portobello è molto più di una serie: è memoria collettiva

Portobello non è una fiction. È una ferita aperta. Lo capisci subito, dal tono, dai colori, dalla regia. Bellocchio non cerca l’effetto. Cerca la verità. E la trova. Le riprese, iniziate nel settembre 2024 tra Sardegna, Campania e Lombardia, ricostruiscono con maniacale attenzione il clima mediatico e politico di quegli anni. La collaborazione con Arte France, Our Films (Mediawan), Kavac Film e The Apartment Pictures garantisce un respiro europeo al progetto.

Portobello
Gifuni nel trailer di Portobello

Il caso giudiziario che colpì Enzo Tortora tra il 1983 e il 1987 viene raccontato senza filtri. Accusato ingiustamente di traffico di droga e associazione camorristica, Tortora fu arrestato, processato, umiliato. E solo dopo anni di battaglie legali fu assolto definitivamente. Per molti, fu il più clamoroso errore giudiziario del dopoguerra. Per altri, fu la fine di un’epoca.

Portobello, la serie, si assume il compito di riportare tutto questo alla luce. E lo fa con uno sguardo umano, crudo, necessario. Non è una serie sul passato. È un allarme per il presente. La distribuzione sarà globale (esclusi Francia, Germania e Benelux), segno della volontà di HBO Max di trasformare questa produzione in un manifesto identitario. Dopo “L’Amica Geniale” e “The Young Pope”, l’Italia torna protagonista nella serialità di qualità.

La scelta di Bellocchio non è casuale. È il regista che più di tutti sa raccontare i vuoti dello Stato e le lacerazioni della verità. E con Gifuni accanto, trova la voce giusta. “Portobello” non chiede pietà. Chiede solo di ricordare. E lo fa con una forza rara. Le prime immagini lo dimostrano: questa non è solo una serie. È una presa di coscienza.

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