A Parigi nel 1942 le strade sembrano calme, ma la paura serpeggia ovunque; i nazisti occupano ogni spazio, anche quelli più intimi: è in questo clima teso che si muove Addio, signor Haffmann, ora disponibile su RaiPlay.
Il film, diretto da Fred Cavayé, è tratto da un dramma teatrale pluripremiato di Jean-Philippe Daguerre. Una storia chiusa in pochi ambienti, ma capace di spalancare interrogativi universali. Una pièce trasformata in cinema con potenza, senza mai perdere la sua origine teatrale. Daniel Auteuil è Joseph Haffmann, un gioielliere ebreo che intuisce l’arrivo delle deportazioni. Fa fuggire la sua famiglia e organizza una falsa vendita della sua bottega. Il compratore fittizio? Il suo dipendente, François Mercier, interpretato da Gilles Lellouche. Ma Haffmann non riesce a lasciare Parigi. Costretto a nascondersi nella sua cantina, diventa prigioniero nella sua stessa casa.
François accetta di proteggerlo. Ma l’uomo che una volta lo serviva, ora detiene tutto il potere. Un potere che lo corrompe. La moglie di François, Blanche (una intensa Sara Giraudeau), è al centro di un triangolo morale claustrofobico. Il desiderio di maternità, il sospetto, l’oppressione quotidiana. Ogni gesto è carico di conseguenze. In un periodo in cui il cinema racconta spesso l’orrore della Shoah, Addio, signor Haffmann sceglie un’altra strada. Esplora il sottosuolo dell’animo umano. Le ambiguità. La complicità silenziosa. I piccoli tradimenti che costruiscono la Storia.

RaiPlay, un’opera premiata, sospesa tra tensione e memoria
Il film ha ottenuto la Salamandra d’oro come miglior pellicola al Festival di Sarlat. Nello stesso evento, Sara Giraudeau è stata premiata come miglior attrice. Due riconoscimenti che confermano l’intensità e l’urgenza di questo racconto. Girato quasi interamente a Parigi, il film ha vissuto un evento curioso: durante le riprese, una via trasformata in set d’epoca fu abbandonata per mesi a causa del lockdown del 2020 e di un improvviso temporale. La scenografia restò congelata nel tempo. Proprio come i personaggi che abitano la storia.
La colonna sonora include “Parlez-moi d’Amour” di Lucienne Boyer, che amplifica l’atmosfera sospesa e malinconica del film. Una scelta musicale che accompagna la narrazione con delicatezza e precisione storica. L’opera si inserisce nella tradizione del cinema francese sulla memoria dell’Occupazione, ma con una lente nuova. Niente grandi battaglie o inseguimenti. Solo tre esseri umani intrappolati tra il bisogno di sopravvivere e la colpa di farlo a scapito dell’altro.
Addio, signor Haffmann ha lasciato il segno anche su altri registi. La sua forza teatrale, la regia asciutta e l’uso di spazi ristretti hanno influenzato i nuovi drammi storici. Film che mettono in scena poche stanze e molti dilemmi. Che chiedono allo spettatore: e tu cosa avresti fatto? Non è un semplice film su un’epoca tragica. È una lente sul presente. Sui compromessi quotidiani. Sulle scelte che ci trasformano, nel bene o nel male. È per questo che, una volta finito, resta dentro. In un panorama saturo di storie gridate, questo film sussurra. Ma ogni sussurro è un colpo al cuore.
