Michele Morrone ha parlato, anzi, ha urlato: dopo la sua intervista intensa e vulnerabile a Belve, il programma di Francesca Fagnani in onda su Rai 2, l’attore ha pubblicato due Instagram stories che stanno facendo tremare il mondo dello spettacolo italiano.
Accuse durissime, dirette a una parte dell’ambiente cinematografico, a suo dire ipocrita, elitario e politicizzato. Ma i riferimenti più taglienti sembrerebbero rivolti in particolare a Luca Marinelli e Elio Germano. Due volti molto amati e spesso impegnati, anche politicamente.
Morrone non li nomina apertamente. Ma le sue parole lasciano pochi dubbi: parla di chi ha sofferto per interpretare il Duce, di chi si atteggia a rivoluzionario dopo un David di Donatello. I riferimenti sembrano chiari. Marinelli ha interpretato Benito Mussolini nella serie M. – Il figlio del secolo su Sky. Elio Germano, invece, ha fatto scalpore con un discorso di fuoco proprio durante i David 2025.
“AVETE ROTTO IL CA**O!”, scrive Morrone in caps lock. Il tono è furioso. Accusa i colleghi di fingersi impegnati solo per moda. Di recitare la parte dei democratici solo per sentirsi superiori. E di giudicare da pulpiti dorati, tra premi e lussi. Una critica che affonda, anche perché arriva da uno che, a sua volta, si sente escluso dal sistema.
“NON mi sento parte di un cinema, quello ITALIANO, che se la canta e se la suona da solo”, scrive ancora. E poi accusa: “Se non pensi con il cuore a sinistra sei solo un fascista”. Una generalizzazione che provoca, ma che ha colpito nel segno. L’attore pugliese racconta di non essere mai stato accettato. “Pieno zeppo di pregiudizi” è l’espressione che usa per descrivere l’ambiente. Lo stesso ambiente che secondo lui respinge chi non proviene dalle accademie giuste, o non indossa le scarpe Clark.
E poi arriva la parte più personale: “Gente che si sente male e ha sofferto per interpretare il ruolo del Duce, ma che si riprende benissimo dopo aver incassato 1,5/2 milioni di euro”. È difficile non pensare a Marinelli.
Morrone si scaglia anche contro i discorsi impegnati ai David. E qui entra in scena Elio Germano. Durante la cerimonia, l’attore ha denunciato la crisi del cinema italiano, puntando il dito contro il Ministero della Cultura guidato da Alessandro Giuli. Germano ha parlato di “gestione da clan” e di un settore lasciato senza investimenti. Michele Morrone non ci sta. E rilancia: “Smettete di fare gli attori e candidatevi”. Un’esortazione a scendere in politica, se si vuole davvero cambiare qualcosa.

Dopo Belve, lo sfogo di Morrone: dietro le parole, una frattura profonda
Il cinema italiano sembra spaccato. Da una parte chi, come Elio Germano, denuncia le storture dall’interno. Dall’altra, chi come Morrone, sente di essere un corpo estraneo. E per questo attacca. Dietro tutto questo c’è una crisi culturale. Non solo economica o industriale. Una crisi di senso. Chi può parlare per il cinema italiano? Chi ha il diritto di rappresentarlo? E chi, invece, viene lasciato fuori dal palco?
Michele Morrone ha il coraggio – o la rabbia – di dirlo apertamente. Non gli interessa piacere. Non vuole premi. Vuole solo dire la sua. E lo fa a modo suo: senza filtri, senza mediazioni. Che piaccia o meno, il suo sfogo è già diventato virale. Perché è viscerale, scomodo, pieno di spine. Perché non cerca il compromesso. Ma, soprattutto, perché fotografa un malessere che cova da tempo. E che ora esplode davanti a tutti. Dopo Belve, la frattura è aperta. Il dibattito anche.
