Jean-Jacques Annaud firma un’opera che non ha paura di ferire: L’amante va in onda stasera in tv, alle 21:15 su La7d (canale 29). È il film che ha fatto tremare i festival, infiammato la critica, spaccato il pubblico. Una storia vera. Un amore clandestino. Un’esperienza che resta dentro. Tratto dal romanzo autobiografico di Marguerite Duras, L’amante è molto più di un film. È un ricordo che brucia. Un grido trattenuto. È memoria e desiderio, corpo e distanza, voce e silenzio.
In una Indocina francese che si disintegra, tra risaie e piogge monsoniche, una ragazzina quindicenne incontra un uomo di trent’anni. Lei è bianca, povera, europea. Lui è cinese, ricco, destinato al matrimonio. Il loro amore è impossibile. Ma accade. Jane March, appena sedicenne all’epoca delle riprese, è la ragazza. Non ha nome, come a dire: potrebbe essere chiunque. Ognuna. Il suo corpo scopre il mondo, ma anche il rifiuto, il giudizio, la vergogna. Tony Leung Ka Fai interpreta l’uomo. Trattenuto, elegante, tragico. Sa che la loro storia non può durare. Ma resta. Fino alla fine.
Intorno a loro, una famiglia che crolla. La madre depressa (Frédérique Meininger), i fratelli violenti (Arnaud Giovaninetti e Melvil Poupaud). Tutti cercano qualcosa. Nessuno trova pace. E poi c’è la voce. La voce adulta. Quella di Jeanne Moreau. Racconta tutto dal futuro, con malinconia, con distanza. È lei, la protagonista. È Duras stessa. Ma anche ogni donna che ha amato e poi scritto per sopravvivere.
L’amante non ha paura del silenzio. Né del corpo. Le scene d’amore sono esplicite, ma mai gratuite. Parlano di controllo e libertà. Parlano di scoperta. Alla sua uscita, nel 1992, il film fece scalpore. Non solo per le scene poco ‘vestite’. Ma perché raccontava il desiderio della giovane donna senza filtri. Senza giustificazioni. Senza retorica. Una cosa rara, allora come oggi.
Il regista, Jean-Jacques Annaud, alimentò le polemiche. Insinuò – mentendo – che le scene più personali fossero reali. La strategia funzionò: tutti ne parlarono. Nessuno dimenticò. Ma il film è molto di più. È anche fotografia evocativa (Robert Fraisse, candidato all’Oscar), colonna sonora struggente (Gabriel Yared, vincitore del César), narrazione poetica.
È un’opera che ha lasciato un segno. Nel cinema. Nella letteratura. Nella memoria collettiva. Ha aperto la strada a film come Malena di Tornatore, Luna di Bertolucci, Il paziente inglese. Ha ispirato decine di registi a raccontare storie di amori impossibili, lontani, profondamente umani. Ma nessuno lo ha fatto con questa forza. Con questa delicatezza. Con questa ferocia dolce.
“Lui mi ha amata più di quanto nessuno abbia mai fatto.” Questa è una delle ultime frasi del film. Non serve altro. Perché L’amante è questo: un amore che non chiede di essere capito. Solo sentito. Stasera in tv, su La7d, potete scegliere se guardare un film. O se affrontare un ricordo. Una vergogna. Un sogno. Una cicatrice ancora viva. Non è una visione comoda (come anche quella del film con Al Pacino, sempre oggi in programmazione). Non è una storia rassicurante. Ma è necessaria. E resterà con voi. A lungo.
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