Luisa Ranieri è candidata ai David di Donatello 2025 come miglior attrice non protagonista per Parthenope di Paolo Sorrentino. Ma non è per questo ruolo che in molti l’avrebbero voluta vedere trionfare.
La sua prova in Diamanti, ultimo film di Ferzan Özpetek, ha lasciato il segno. Non solo nel cuore del pubblico, ma nella struttura stessa del film. Eppure, tra le candidate alla miglior attrice protagonista, il suo nome non c’è. Questa esclusione sorprende. Fa discutere. E pesa come un macigno. Perché Alberta Canova — il personaggio che Ranieri interpreta — è un cuore pulsante, una donna che regge su di sé l’equilibrio emotivo e narrativo dell’intera storia.
Nel frattempo, le cinque candidate al David 2025 per miglior attrice protagonista sono:
- Barbara Ronchi per Familia
- Romana Maggiora Vergano per Il tempo che ci vuole
- Tecla Insolia per L’arte della gioia
- Celeste Dalla Porta per Parthenope
- Martina Scrinzi per Vermiglio
Tutte interpretazioni intense. Tutte voci femminili potenti. Ma la sensazione, dopo aver visto Diamanti, è che manchi qualcosa. Anzi, qualcuno. Questa sera, mercoledì 7 maggio, i riflettori dei David di Donatello si accenderanno su Rai 1. Alla conduzione Mika ed Elena Sofia Ricci. Ma l’ombra lunga dell’assenza di Ranieri incombe su una cerimonia già molto attesa.
Luisa Ranieri come Alberta Canova: una protagonista vera, anche se il premio non lo dice
In Diamanti, Alberta Canova è una figura solida e intensa. Dirige una sartoria nel cuore di Roma, negli anni ’60 e ’70. Guida con rigore, ma nasconde un dolore profondo. Luisa Ranieri la incarna con una potenza rara. È una donna che comanda, ma non domina. Che protegge, anche quando sembra respingere. Che ama, anche quando finge di non provare nulla. È una protagonista in tutto e per tutto. Non è solo un personaggio secondario in un film corale. Alberta è l’asse attorno a cui ruotano le storie delle altre donne. È il punto di forza e insieme di rottura. È quella che resta impressa quando scorrono i titoli di coda.

Ferzan Özpetek ha costruito una narrazione intima, profonda, sensuale. Ma è la prova di Ranieri a dare carne e sangue al film. Eppure, per l’Accademia del Cinema Italiano, non è una protagonista. Forse perché è matura. Forse perché guida senza urlare. O forse perché il cinema italiano, ancora oggi, fatica a riconoscere la forza femminile che non passa da cliché giovanilistici o da archetipi eroici.
In Parthenope, Luisa Ranieri offre un’altra prova elegante e malinconica. Ma più contenuta. Più da cornice. Non è quella che molti aspettavano di vedere premiata. Escluderla dalle migliori attrici protagoniste non è solo una dimenticanza tecnica. È una lettura riduttiva di cosa significhi, oggi, essere il cuore emotivo di un’opera cinematografica. Il cinema ha bisogno di riconoscere chi regge un film, anche senza urla, drammi e palcoscenici accesi. Luisa Ranieri ha fatto tutto questo. E lo ha fatto in silenzio, con grazia e potenza. Stasera si assegneranno i premi. Ma nel cuore del pubblico, la sua Diamanti resta un punto fermo. Un faro. Un’assenza che brucia.
