Francesco Panella è stato qui: perché la Bottega del Marmoraro è il luogo più romano che puoi vivere oggi.
Chi conosce Francesco Panella, la sua fame di autenticità e la sua capacità di scovare luoghi dove la romanità pulsa ancora viva, non si sorprende del suo ultimo passaggio in via Margutta. Alla Bottega del Marmoraro, Panella ha trovato esattamente ciò che racconta sempre nei suoi viaggi gastronomici televisivi: identità vera, sapori senza trucco e storie che non hanno bisogno di essere aggiustate. Il piatto del giorno? Rigatoni con coda alla vaccinara, serviti alle 13 precise. La regola della casa è diventata quasi un manifesto: “Chi c’è c’è, chi non c’è non c’è e non si paga”. Una frase che sintetizza tutto: qui contano il momento, la compagnia, l’allegria di un pranzo improvvisato. La convivialità resta la porta principale per entrare in un mondo dove Roma è ancora Roma.

La Bottega del Marmoraro non nasce come ristorante e forse per questo attira così tanto. È uno degli ultimi baluardi dell’artigianato cittadino, un posto che mantiene intatto il profumo di una capitale che ha vissuto mille vite. Le targhe incise a mano, marchio di fabbrica di casa Fiorentini dal 1969, parlano da sole: frasi sagaci, ironiche, poetiche, piccole verità che si portano a casa come ricordi eterni. Oggi, accanto a quei marmi, si respira anche un’altra magia: quella di Sandro Fiorentini, erede di un mestiere che a Roma rischia di scomparire. Lavora circondato da polvere, storia e un’umanità che non tutti hanno ancora la fortuna di incontrare. Chi entra, difficilmente esce senza aver ascoltato un aneddoto, una battuta o una filosofia spiccia ma accurata come una lastra di travertino.
Francesco Panella certifica il segreto di Roma: dal Marmoraro si mangia alle 13 in punto
Panella questo lo sa bene. La sua visita, casuale solo in apparenza, conferma ciò che chi ama la città ripete da anni: se cerchi la vera Roma, la trovi qui. Non in un locale patinato o in un bistrot reinventato per i social, ma in una bottega che ha scelto di resistere, di rimanere se stessa mentre intorno tutto cambia. E la cucina improvvisata, perché chiamarla “seconda attività” sarebbe riduttivo, rappresenta la parte più irresistibile dell’esperienza. Non ci sono menù, non ci sono prenotazioni, non ci sono conti. C’è un orario. C’è un piatto del giorno. C’è la gioia di sedersi accanto a chi capita, di condividere un angolo di tavolo come si condivide un segreto. Panella lo ha mostrato con entusiasmo: quei rigatoni con la coda sono un invito a riconnettersi con il senso più semplice del mangiare insieme.
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Per i viaggiatori, per i romani che hanno nostalgia della Roma “che fu”, per chi vive la città cercando ancora luoghi che possano sorprendere: la Bottega del Marmoraro merita una tappa obbligata. Via Margutta resta uno dei vicoli più fotogenici, ma dietro quelle pietre si nasconde molto di più. Si trova una storia che non ha bisogno di restauro. Un artigiano che incide emozioni. Una cucina che spunta quando meno te l’aspetti e che non pretende nulla in cambio. Chi vuole vivere un’esperienza romana autentica non può fare scelta migliore. Non è una trattoria, non è un museo, non è un negozio: è un piccolo mondo. Uno di quelli che fanno dire, anche a distanza di tempo, “sì, questa è Roma”.
