Blanca 3: la stagione che doveva cambiare tutto, ma ha lasciato il pubblico sospeso.
La terza stagione di Blanca è arrivata con aspettative altissime. Dopo il successo delle prime due, molti si aspettavano un capitolo maturo, coraggioso, capace di spingersi oltre il semplice giallo. E in parte lo ha fatto. Blanca, interpretata con intensità da Maria Chiara Giannetta, ha mostrato lati inediti, più fragili e umani, dopo la perdita di Linneo, il cane guida che era diventato simbolo della sua forza e della sua sensibilità. Genova, ancora una volta, si è trasformata in una protagonista silenziosa, con luci e ombre che riflettono l’anima della serie. Ma stavolta, qualcosa non ha funzionato fino in fondo.
I nuovi ingressi e il cambio di regia hanno portato uno sguardo più cinematografico, più adulto. Le indagini sul bambino scomparso avrebbero potuto essere il motore emotivo della serie, ma si trasformano presto in un meccanismo di tensione più tecnica che sentimentale. Il thriller prende il sopravvento e Blanca sembra dimenticare quella profondità emotiva che aveva reso uniche le sue prime stagioni. Il rapporto tra Blanca e Domenico, cuore pulsante della storia, viene trattato quasi di fretta. Le bugie, i silenzi, la fiducia tradita: tutto si risolve in poche battute. Il pubblico aspettava un confronto vero, viscerale, e invece si trova davanti a una resa dei conti appena accennata.
Blanca corre, ma verso cosa?
C’è una scena che riassume bene la sensazione generale della stagione: Blanca che corre da sola per ritrovare il bambino. È un momento intenso, ma manca la catarsi, quella liberazione che avrebbe chiuso il cerchio del suo dolore. Il suo percorso interiore, il suo modo di affrontare la paura e la solitudine, resta sospeso. È come se la serie avesse paura di guardarla davvero nel profondo. Anche Liguori, interpretato da Giuseppe Zeno, vive una parabola incompleta: subisce, soffre, rischia, ma non trova mai una vera evoluzione. E nel finale, quando tutto dovrebbe esplodere, resta la sensazione di un racconto che ha preferito fermarsi un passo prima.

Il pubblico ha percepito qualcosa di irrisolto. Il ritrovamento del bambino e l’attacco a Domenico arrivano come colpi di scena, ma privi di quel peso emotivo che avevano promesso. Ciò che resta non è l’adrenalina, ma il rimpianto: la sensazione che questa potesse essere la stagione più intensa e più umana di tutte, e che invece abbia scelto la via più sicura. E se davvero fosse l’ultima volta di Maria Chiara Giannetta nei panni di Blanca, il suo congedo non è all’altezza della protagonista che ha rivoluzionato il modo di raccontare la disabilità in tv. Niente finale potente, nessuna chiusura simbolica. Solo un “forse” che pesa più di un addio.
Un’occasione mancata per la serialità italiana
Blanca 3 aveva tutto: un cast solido, una città che respira cinema, una protagonista amata. Ma ha scelto di non rischiare. In un momento in cui la serialità italiana sta cercando nuove strade narrative, rinunciare alla profondità per inseguire il colpo di scena rischia di far perdere ciò che aveva reso Blanca diversa da tutte le altre.
Resta il fascino, resta la bellezza visiva, resta una scrittura che a tratti emoziona. Ma manca quel coraggio finale che avrebbe trasformato una buona serie in un piccolo capolavoro. E forse, è proprio questo che il pubblico non perdona: non l’errore, ma l’occasione perduta di vedere Blanca diventare qualcosa di ancora più grande.
