Io sono Rosa Ricci non serviva: perché Mare Fuori meritava un prequel diverso

Io sono Rosa Ricci: il film che voleva spiegare tutto, ma finisce per togliere un po’ di magia a Mare Fuori.

Io sono Rosa Ricci è un prequel/spin-off che nasce con l’intento di raccontare le origini di uno dei personaggi più intensi e amati di Mare Fuori: Rosa Ricci, interpretata da Maria Esposito. Il film, diretto da Lyda Patitucci, ci riporta indietro nel tempo, precisamente al 2020, quando Rosa aveva solo 15 anni e viveva all’ombra del padre, Don Salvatore Ricci (interpretato da Raiz), boss temuto della malavita napoletana. La giovane Rosa, all’inizio del film, è una ragazza che vive nel lusso e nella paura, protetta da una famiglia che la vuole tenere lontana dai pericoli del loro mondo. Ma la sua vita cambia quando il padre cade in una trappola tesa dal narcotrafficante Agustín Torres (interpretato da Jorge Perugorría). Don Salvatore viene ucciso, Rosa viene rapita e portata su un’isola dove diventa merce di scambio.

È qui che incontra Victor (Andrea Arcangeli), il carceriere che finirà per sconvolgere la sua visione della vita, della fiducia e dell’amore. La trama, costruita con ritmo e tensione, racconta un percorso di formazione segnato da dolore e perdita, mostrando come quella ragazzina finirà per diventare la Rosa dura, vendicativa e spietata che conosciamo nella serie.
Il film è ben girato, esteticamente curato, con una fotografia cupa che amplifica la solitudine della protagonista. Tuttavia, dietro questa confezione impeccabile si nasconde un problema più profondo.

Io sono Rosa Ricci: un’operazione che non aveva senso nel mondo di Mare Fuori

Guardando Io sono Rosa Ricci, la sensazione è chiara: questa storia non era necessaria. Il film funziona sul piano tecnico, ma si inserisce in un universo narrativo già completo, già compiuto. La forza di Mare Fuori è sempre stata la coralità, la crescita condivisa dei personaggi, l’intreccio di destini. Qui, invece, tutto ruota attorno a un’unica figura, senza che questa espansione aggiunga davvero qualcosa di nuovo o indispensabile. La storyline familiare e la tragedia alla base della trama rischiano di semplificare un personaggio che nella serie era diventato affascinante proprio per la sua complessità, per quella rabbia senza spiegazioni immediate. Il film, invece, “spiega” troppo, svelando ogni dettaglio e togliendo quella zona d’ombra che aveva reso Rosa così potente agli occhi del pubblico.

io sono rosa ricci
Una scena dal film Io sono Rosa Ricci

A questo si aggiunge un elemento non secondario: la maturità fisica e interpretativa di Maria Esposito. Per quanto l’attrice sia straordinaria e capace di reggere il film con carisma e intensità, la sua età e la sua presenza scenica la rendono poco credibile nei panni di una ragazza di 15 anni. Questa distanza visiva e anagrafica stona, soprattutto in un’opera che punta tutto sull’adolescenza e sulla perdita dell’innocenza. È come se lo spettatore non riuscisse mai a dimenticare chi sta guardando: non la Rosa fragile, ma la Rosa già formata di Mare Fuori. Da fan della serie, la sensazione è che si sia sprecata un’occasione importante. Si poteva raccontare altro: magari un prequel dedicato a Ciro, o un focus su Edoardo Conte, personaggi con un passato davvero da esplorare. Invece si è scelto di tornare su un personaggio già pienamente sviluppato, già “risolto”. Il risultato è un film curato, ma concettualmente ridondante. Un tassello che non amplia l’universo narrativo, ma lo appesantisce.

Un film ben realizzato, ma un’idea poco necessaria

Io sono Rosa Ricci resta un film ben fatto, con un buon ritmo e un comparto tecnico solido. Ma come operazione di storytelling legata a Mare Fuori, non convince del tutto.
Non per colpa degli interpreti o della regia, ma perché la storia di Rosa non aveva bisogno di essere spiegata. Il mistero, le ferite taciute, la rabbia silenziosa erano già sufficienti per farla diventare un’icona. Spiegarne ogni origine, invece, rischia di toglierle quella forza che aveva conquistato il pubblico. Un film che lascia addosso una sensazione amara: quella di un’occasione sprecata, di una scelta che, pur partendo da buone intenzioni, finisce per ridurre il mito invece di ampliarlo.

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