Robin Hood di Ridley Scott su Italia 1: l’eroe che ricorda il Gladiatore, ma guarda oltre.
Stasera in prima serata su Italia 1 va in onda Robin Hood (2010), il film di Ridley Scott che ha riportato al cinema la leggenda dell’arciere di Sherwood, affidando il ruolo principale a Russell Crowe. Un’accoppiata che inevitabilmente richiama alla memoria il trionfo de Il gladiatore, uscito dieci anni prima e diventato un cult assoluto.
Ma se da un lato il paragone è spontaneo, dall’altro questa pellicola offre sfumature diverse, più radicate nella Storia che nel mito, e prova a raccontare le origini di un eroe che ancora oggi rimane simbolo universale di giustizia.

Scott sceglie di non mostrare subito il Robin Hood che tutti conosciamo, il ladro gentiluomo che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Piuttosto lo racconta da arciere dell’esercito di Riccardo Cuor di Leone, un uomo comune che si trova a impersonare Sir Robert Loxley per mantenere viva un’eredità familiare. Da questa identità “presa in prestito” nasce il suo legame con Lady Marion (una intensa Cate Blanchett) e soprattutto la consapevolezza che la sua battaglia non è personale, ma collettiva. Il confronto con Massimo Decimo Meridio è inevitabile. In Il gladiatore Crowe era un generale tradito, assetato di vendetta. Qui è un uomo che, pur avendo perso molto, non cerca rivalsa privata: vuole difendere la sua terra e la sua gente. La sua fisicità rimane potente, la sua presenza scenica magnetica, ma lo sguardo è meno cupo. Robin diventa un leader popolare, non un eroe solitario. E forse è proprio questo che rende il film una tappa importante della carriera dell’attore, a metà tra l’icona epica e l’uomo radicato nella realtà.
Scott e la sfida dell’epica storica: stasera su Italia 1 c’è Robin Hood
Ridley Scott ama i grandi affreschi, e Robin Hood non fa eccezione. Le battaglie sulla spiaggia, la ricostruzione della Nottingham medievale, i campi inondati dalla luce crepuscolare: ogni fotogramma porta la sua firma visiva. Nonostante le critiche ricevute all’epoca per la sceneggiatura travagliata e per le analogie fin troppo marcate con Il gladiatore, il film resta un’operazione coraggiosa. Scott prova a spogliare la leggenda di romanticismi, mostrandone le radici più crude: oppressione fiscale, complotti politici, il peso di una monarchia fragile. Presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 2010, il film divise la critica, ma non lasciò indifferenti. Gli incassi furono discreti, eppure l’impatto visivo e la potenza dei suoi protagonisti hanno permesso all’opera di guadagnare nel tempo un fascino particolare.
Vederlo oggi, lontano dalle polemiche della prima uscita, significa riscoprire un racconto che affonda nelle radici del mito per raccontare l’ascesa di un uomo comune a simbolo eterno di resistenza. Guardare Robin Hood di Ridley Scott dopo anni significa anche capire come regista e attore abbiano voluto superare la formula de Il gladiatore senza rinunciarne al carisma. Massimo combatteva per sé, Robin combatte per tutti. Entrambi incarnano la voglia di riscatto, ma uno lo fa per onorare la famiglia perduta, l’altro per costruire un futuro di libertà. E in questa differenza c’è il senso più profondo del film.
