Premiato a Venezia, ignorato in sala: esplode su RaiPlay un film italiano che divora e conquista

Patagonia, il film di cui nessuno parla che adesso esplode su RaiPlay.

Nella top ten di RaiPlay ci sono sempre i soliti titoli: commedie rassicuranti, serie internazionali già masticate, vecchi successi di botteghino. Poi, all’improvviso, spunta un nome che sembra arrivare da un altrove remoto: Patagonia. Un film italiano che quasi nessuno ha visto al cinema, rimasto sottotraccia nel circuito delle sale, e che ora sta trovando una seconda vita sulla piattaforma streaming della Rai. Un’opera prima che non ha il passo leggero dell’intrattenimento, ma quello delle storie che ti restano addosso. Simone Bozzelli, classe 1994, porta sullo schermo un racconto di libertà e dipendenza, di attrazione e dominio, che nasce come un road movie e si trasforma in una spirale psicologica. Un film che divide, che non cerca consenso, che non si appoggia a frasi facili.

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Una scena da Patagonia su RaiPlay

Il cuore della vicenda è Yuri, ventenne introverso che vive in Abruzzo con la zia. La sua vita sembra sospesa, protetta e immobile. L’incontro con Agostino, animatore nomade con una roulotte e una promessa di avventure, è l’innesco. Insieme intraprendono un viaggio che somiglia a una fuga: strade polverose, comunità itineranti, libertà assoluta. Ma presto quella libertà diventa una prigione invisibile. Yuri scopre che l’indipendenza può trasformarsi in dipendenza, che l’amore può essere controllo, che la fascinazione per Agostino è tanto irresistibile quanto pericolosa. Bozzelli non fa sconti: la macchina da presa indugia sui gesti, sulle fragilità, sui silenzi. Ogni inquadratura è precisa, ogni sguardo pesa come un macigno.

Un cast che sorprende in Patagonia, disponibile ora su RaiPlay

Il film vive delle interpretazioni dei suoi attori. Andrea Fuorto, al debutto, dà a Yuri un’innocenza spezzata che resta nello spettatore anche dopo i titoli di coda. Augusto Mario Russi costruisce un Agostino magnetico, ambiguo, irresistibile e insieme inquietante. Attorno a loro, Elettra Dallimore Mallaby e Alexander Benigni contribuiscono a creare un mondo fragile e crudele, dove il confine tra sogno e incubo è sottile. Patagonia ha avuto un percorso anomalo. Presentato a Locarno, candidato ai Nastri d’Argento 2024, vincitore del premio al festival pistoiese Presente Italiano, non ha mai sfondato al botteghino. Forse perché troppo spigoloso, forse perché non rassicura.

Eppure, il film ha già un passato importante: Bozzelli, con il corto J’ador, aveva conquistato Venezia (SIC@SIC), confermando di essere una delle voci nuove più interessanti del cinema italiano. In un panorama dove le piattaforme premiano spesso ciò che è più facile e immediato, Patagonia rappresenta un caso raro: un film complesso che conquista il pubblico un passo alla volta. Non cerca l’applauso, ma ti mette davanti a un’esperienza: l’emozione della fuga, l’illusione di una Patagonia lontana, la realtà di una gabbia emotiva. Forse proprio per questo oggi, quasi in silenzio, sta scalando la classifica dei titoli più visti su RaiPlay. Un segnale che il pubblico è pronto anche a storie difficili, che hanno bisogno di tempo e spazio per respirare. E che certe opere, ignorate al cinema, trovano nello streaming la loro rivincita.

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