Stasera in tv su Rai 4 un film che non sembra horror finché lo è. E ti entra sotto pelle.
Certe storie non urlano, ma graffiano piano. E fanno più male. Stasera in tv su Rai 4 va in onda Midsommar – Il villaggio dei dannati (2019), un film che non fa rumore, ma resta addosso. Firmato da Ari Aster, lo stesso regista di Hereditary, questo film è stato sottovalutato da molti proprio perché non si lascia incasellare facilmente. Non è l’horror da popcorn. È qualcosa di diverso. Di disturbante. Di necessario. Florence Pugh interpreta Dani, una giovane donna spezzata da una tragedia familiare immane. Il suo sguardo, svuotato, fragile e in cerca d’aria, guida tutta la storia. Quando parte per la Svezia con un gruppo di amici e il fidanzato ormai distante, cerca conforto. Ma trova un villaggio dove l’orrore ha il volto della luce, dei fiori e dei sorrisi.

Niente oscurità, niente mostri che saltano fuori dal buio. Tutto accade sotto il sole di mezzanotte, in mezzo ai campi in fiore, tra rituali pagani e canti ipnotici. E proprio per questo fa paura: perché sembra tutto “normale”, quasi bello. Ma qualcosa si incrina, minuto dopo minuto, e lo spettatore non può far altro che restare incollato, con un senso di inquietudine crescente. Il film di Aster è un’esperienza. Non corre, non urla. Ti accompagna in un incubo a occhi aperti che parla di trauma, di relazioni tossiche, del bisogno disperato di sentirsi parte di qualcosa. Anche quando quel “qualcosa” è un culto pagano pronto a divorarti.
Stasera in tv, un horror che ribalta completamente le regole del genere
Molti lo hanno definito “lento”. E sì, lo è. Ma perché ti obbliga a guardare, a respirare quel disagio insieme a Dani. Non è intrattenimento: è un rito. Ogni scena, ogni dettaglio, ogni simbolo contribuisce a costruire una tensione che esplode solo nel finale, in modo definitivo e viscerale. Florence Pugh è magnetica. Con uno sguardo comunica tutta la devastazione di chi ha perso tutto e sta cercando un nuovo equilibrio, anche se distorto. La sua trasformazione, il suo “accettare” il male per sopravvivere, lascia il segno.
Midsommar è sottovalutato proprio perché chiede attenzione, pazienza, e una certa predisposizione a farsi destabilizzare. Non ti offre jump scare, ma ti lascia con pensieri inquieti e immagini che non se ne vanno. Chi ama il vero horror psicologico, quello che lavora sul disagio interiore e sui simbolismi, non può perderselo. Chi non l’ha mai visto ha stasera un’occasione perfetta per scoprire uno dei film più audaci e stranianti degli ultimi anni. A volte, il male non urla. Sussurra. E Midsommar sussurra forte.
