“Uno dei film più belli della storia del cinema italiano”: Paolo Sorrentino incanta Giffoni55.
Paolo Sorrentino non ha esitazioni quando pronuncia queste parole durante la conferenza stampa al Giffoni Film Festival, parlando de Il Sorpasso di Dino Risi. Nessuna forzatura, nessuna nostalgia da cinefilo incallito: solo l’autentico riconoscimento di un film, che più di sessant’anni dopo la sua uscita resta potente, attuale e persino pericolosamente vivo. Sorrentino ha sottolineato il valore di un’opera che attraversa l’Italia e la sua storia sulle ruote di una Lancia Aurelia decappottabile, lungo l’asfalto di un Ferragosto pigro e caldissimo.

Ma Il Sorpasso non è un semplice road movie: è un incontro tra due anime opposte, un duello esistenziale tra la leggerezza e la profondità, la fretta e l’introspezione. Bruno è il caos, l’adrenalina, la parlantina incontenibile di un’Italia che corre verso il benessere senza guardarsi indietro. Roberto è la riflessione, la timidezza, lo sguardo disorientato di una generazione in bilico tra il passato e un futuro sconosciuto. Il loro viaggio lungo la Via Aurelia non è solo geografico: è un ritratto perfetto dell’Italia degli anni ’60. Un Paese in trasformazione, frastornato dalla modernità.
Il film che parla anche a chi è nato quarant’anni dopo: perché resterà sempre un cult, trai i preferiti del maestro Paolo Sorrentino
Chi oggi ha meno di trent’anni, e magari lo guarda distrattamente su un divano, potrebbe pensare: “è un film d’altri tempi”. Ma basta resistere dieci minuti, farsi trascinare dalle battute di Gassman, dal ritmo scattante, dalle situazioni imprevedibili, per accorgersi che Il Sorpasso ci riguarda ancora. Riguarda il nostro modo di correre, di rimandare le scelte, di mascherare il disagio con l’ironia. Riguarda l’illusione che basti andare veloce per essere felici. Una lezione amara che Risi ci regala con il sorriso sulle labbra e una fine che ancora oggi spiazza e ferisce.
Perché è anche un film da scoprire oggi? Guardarlo nel 2025 significa fare i conti con la sua modernità. La regia è agile, il montaggio ha tempi perfetti, le musiche, da Peppino di Capri a Mina creano un’atmosfera che resta nella pelle. E poi c’è la forza delle interpretazioni: Vittorio Gassman è magnetico, Jean-Louis Trintignant struggente. Due mondi che si toccano e si respingono, come accade ogni volta che ci confrontiamo davvero con qualcun altro. Il Sorpasso ti fa ridere, ti mette a disagio, poi ti schiaccia. Ma lo fa con grazia. Come solo i grandi film sanno fare.
