Su Netflix c’è un film di Sorrentino che nessuno ricorda: è il più crudo, cattivo e vero

Su Netflix c’è un film di Paolo Sorrentino che nessuno ricorda: disturbante, viscido e potente.

Altro che La Grande Bellezza: qui c’è puzza di naftalina, dita sporche e amore comprato a rate. C’è un Paolo Sorrentino che non veste Toni Servillo. Un Sorrentino che non danza tra le rovine del sacro, né si perde nei flussi estetizzanti delle sue città simbolo. Su Netflix, tra serie che urlano e blockbuster inguardabili, spunta L’amico di famiglia, un film dimenticato del 2006. E sembra gridare: guardami, se ne hai il coraggio. Il protagonista è Geremia de’ Geremei, una creatura che non si dimentica più. Usuraio di Sabaudia, veste marrone come i mobili della nonna, ha le mani sudate e la bocca impastata. Lo interpreta Giacomo Rizzo, in una delle performance più disturbanti e geniali del cinema italiano.

Geremia presta soldi e ruba dignità, sempre con la scusa del “ti voglio bene”. Il soprannome? Cuoredoro. L’ironia di Sorrentino è più cattiva del solito. Questa non è solo la storia di un uomo solo e marcio. È il ritratto di un’Italia che si muove tra parrocchie e truffe, tra matrimoni imposti e illusioni in saldo. Una provincia che ha il sapore rancido dell’olio vecchio. Dove tutto è compromesso. E l’amore? Un prestito da restituire con gli interessi.

Paolo Sorrentino senza filtri: tra grottesco e miseria su Netflix

Dimentica le inquadrature divine di Youth o le notti romane di Jep Gambardella. In L’amico di famiglia, Paolo Sorrentino si sporca le mani. La macchina da presa accarezza i corridoi luridi della casa di Geremia, indugia sui vestiti sgualciti, spia le dinamiche più torbide della provincia. Luca Bigazzi, alla fotografia, costruisce un’estetica che sa di decadenza, come un quadro lasciato a prendere umidità. Accanto a Rizzo, una Laura Chiatti mai così ambigua, e un Fabrizio Bentivoglio che si muove come un vecchio coyote stanco. I loro personaggi sono maschere. O meglio, caricature di qualcosa che è stato umano e ora è solo funzione: quella della vittima, del carnefice, del complice.

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Una scena da L’amico di famiglia su Netflix

Perché recuperare proprio adesso questa visione? Perché parla di oggi. Di quel lato dell’Italia che non è mai cambiato. Delle relazioni tossiche travestite da favori. Della seduzione che non seduce ma manipola. E soprattutto perché Sorrentino, in questo film, è libero. Libero dai suoi temi più noti. Libero di essere feroce. Una pellicola che non è certo una carezza: è un colpo allo stomaco. Ma è anche una prova del coraggio autoriale di un regista che, prima di diventare icona, ha saputo raccontare il degrado con una lucidità spietata. E su Netflix, oggi, è la sorpresa che non ti aspetti.

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