Il crepuscolo del ladro gentiluomo: Robert Redford e l’ultima rapina che commuove su RaiPlay.
Il sorriso di Robert Redford, quello che negli anni ’70 faceva vacillare intere platee, torna in scena per un’ultima, memorabile volta. È quello che ritroviamo in Old Man & the Gun, disponibile su RaiPlay: un film che è più di un crime, più di una commedia. È un testamento. Un addio sussurrato all’arte di rubare, ma anche all’arte del recitare, che porta la firma elegante di David Lowery e si accompagna a un’interpretazione tanto misurata quanto indimenticabile. Forrest Tucker (sì, è esistito davvero) aveva superato i 70 anni quando continuava a rapinare banche con lo stesso aplomb con cui altri leggono il giornale al bar. Mai un’arma, mai un insulto. Solo giacche di tweed, sguardo limpido e quel fascino antico da fuorilegge col cuore tenero. Redford lo incarna con la grazia che solo gli attori che hanno fatto la storia sanno concedersi: con pudore, con malinconia, con affetto.

E lo fa in quello che lui stesso ha dichiarato essere il suo ultimo film. Chi si aspetta il classico crime pieno di tensione, sbaglia indirizzo. Old Man & the Gun è una passeggiata lenta tra i ricordi, una riflessione a bassa voce sulla libertà, sull’amore, sull’invecchiare senza smettere di sentirsi vivi. La regia di Lowery è tutta sguardi e silenzi, fatta di primi piani e luci calde che sembrano usciti da un film anni ’70. E in questo stile così delicato, così “fuori moda”, verrebbe da dire, si incastra perfettamente la storia d’amore con Jewel, interpretata da una Sissy Spacek che illumina ogni scena con dolcezza e dignità.
Su RaiPlay, l’ultimo gioiello con Robert Redford: una pellicola emozionale e imperdibile
Anche Casey Affleck, nei panni del detective John Hunt, porta in scena un’umanità disarmata. Non è il solito inseguitore col dente avvelenato. È un uomo stanco, affascinato da quel ladro che vive secondo le sue regole, con la tenacia di chi non ha più nulla da dimostrare, ma ancora tutto da godersi. Un addio che somiglia a un arrivederci: c’è infatti qualcosa di profondamente poetico nel sapere che Redford ha scelto questo ruolo come canto del cigno. Forrest Tucker è il suo specchio: entrambi hanno vissuto fuori dagli schemi, entrambi hanno fatto dell’eleganza una missione.
Entrambi, alla fine, lasciano la scena in punta di piedi, senza rumore, ma con una lezione di stile che non si dimentica. Il film non ha bisogno di effetti speciali o di svolte rocambolesche. La vera azione sta nei dettagli, nei dialoghi mai sopra le righe, in quei silenzi che parlano più di qualsiasi monologo. È un inno alla lentezza, alla vecchiaia come spazio di libertà, alla bellezza di un addio detto col sorriso sulle labbra.
