Il dramma che ci riguarda tutti: l’umanità fragile di una coppia allo specchio. Imperdibile su RaiPlay.
Ci sono film che non raccontano una storia, ma una ferita. Nessuno si salva da solo è uno di questi. Diretto da Sergio Castellitto e tratto dal romanzo omonimo di Margaret Mazzantini, è un’opera che non fa sconti, non offre vie di fuga. Ti costringe a guardare dentro la crepa, quella che si apre quando l’amore finisce ma resta ancora lì, a pulsare tra rabbia, nostalgia e rimpianto. La forza del film sta tutta nei suoi due protagonisti: Jasmine Trinca e Riccardo Scamarcio non recitano una crisi, la vivono. Trinca è Delia, nutrizionista con l’anima a pezzi, marcata da un’anoressia giovanile e dall’abbandono della madre. Scamarcio è Gaetano, sceneggiatore disilluso e padre imperfetto, cresciuto sotto il giudizio pesante di un padre ingombrante.

In un ristorante romano, Delia e Gaetano si incontrano per definire le vacanze estive dei figli. Sembra una cena qualunque, ma diventa un campo di battaglia: le parole come fendenti, i silenzi come bombe inesplose. Sergio Castellitto costruisce la narrazione alternando presente e flashback, mostrando ciò che era e ciò che è rimasto. Lo fa con uno stile asciutto, quasi chirurgico, lasciando che siano gli sguardi, i gesti spezzati, i dettagli a parlare. La sceneggiatura, firmata dalla stessa Mazzantini, scava nel dolore senza pietà. Non cerca la commozione facile, ma pretende empatia. A volte ci riesce, a volte no. Alcuni critici hanno giudicato l’interpretazione di Jasmine Trinca troppo distante, come se Delia fosse troppo chiusa nel suo mondo per lasciarsi davvero vedere. Eppure, forse è proprio in quella distanza che si annida il realismo del personaggio: non tutte le ferite sanno gridare.
La verità che fa male e quella frase che resta: Nessuno si salva da solo è su RaiPlay
Nessuno si salva da solo è pieno di momenti che bruciano. L’aborto forzato, il tradimento con la giovane Matilde, le accuse che si rovesciano come un fiume in piena. E poi quel finale, semplice e devastante: un anziano malato di cancro, interpretato da Roberto Vecchioni, si avvicina alla coppia. “Pregate per me”, dice. “Nessuno si salva da solo”. Una frase che non è solo un titolo, ma una condanna e una speranza. Tra le pieghe della narrazione, la musica diventa un alleato silenzioso. Tom Waits, Leonard Cohen, Lucio Dalla, Asaf Avidan: ognuno dei brani scelti racconta un pezzo di emozione che i personaggi non riescono a esprimere.
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La colonna sonora è forse il terzo protagonista del film, quello che dice ciò che Delia e Gaetano non riescono a confessare neanche a sé stessi. Nessuno si salva da solo è una di quelle pellicole italiane che non cercano l’applauso facile. Spiazzano. A volte irritano. Ma restano. E oggi, riscoprirlo su RaiPlay significa affrontare uno specchio scomodo, ma necessario. Perché in fondo, in quelle cene finite male, nei rancori che sanno ancora di amore, ci siamo tutti.
