Rapito di Marco Bellocchio: una narrazione potente su identità, potere e oppressione stasera in tv su Rai 3.
Un film diretto da Marco Bellocchio, tratto da una vicenda storica realmente accaduta e basato sul libro Il caso Mortara di Daniele Scalise. La pellicola, uscita nelle sale italiane il 25 maggio 2023, è una straordinaria rappresentazione cinematografica del rapimento di Edgardo Mortara, un bambino ebreo sottratto alla sua famiglia nel 1858 per essere educato dalla Chiesa Cattolica. Questo evento, sostenuto dal “Papa Re” Pio IX, scatenò una reazione internazionale, portando alla luce tensioni tra Stato, Chiesa e diritti umani.

Il film ha raccolto numerosi riconoscimenti, tra cui sei Nastri d’Argento e cinque David di Donatello, segno di un apprezzamento unanime per la sua qualità artistica e narrativa. Bellocchio, uno dei più raffinati registi italiani contemporanei, intreccia abilmente politica, religione e trauma personale, offrendo uno spaccato inquietante e ancora attuale sulla negazione dell’identità e la violenza del potere. La forza narrativa di Rapito risiede nella sua capacità di trasportare lo spettatore in un’epoca dominata dall’influenza pervasiva della Chiesa cattolica, che esercitava un controllo morale e politico apparentemente incontestabile. La ricostruzione storica, affidata allo scenografo Andrea Castorina, è accurata e immersiva, mostrando un mondo dove il confine tra potere temporale e spirituale si dissolve.
Stasera in tv c’è Rapito: una prima visione da non perdersi
Il regista non si limita a raccontare i fatti storici: esplora le dinamiche psicologiche e sociali di un trauma collettivo e personale. Edgardo Mortara, rappresentato con intensità dall’interpretazione del giovane Enea Sala, diventa un simbolo di come le istituzioni possano imporre la loro volontà su individui e comunità, giustificando ogni azione con ideali di “salvezza”. Uno degli aspetti più incisivi è l’uso del simbolismo visivo e narrativo. La figura di Edgardo, costantemente nascosta o avvolta sotto tessuti (la gonna della madre, la tonaca del Papa, il lenzuolo del letto), rappresenta la sua identità negata e manipolata. Bellocchio enfatizza il conflitto tra religioni e identità personali attraverso scene di grande impatto emotivo, come quella in cui Edgardo toglie i chiodi dal crocifisso, un gesto di straordinaria forza simbolica.
Il montaggio parallelo, sottolinea le opposizioni tra fede, legge e umanità, creando un ritmo narrativo che amplifica il senso di ingiustizia. Le sequenze, che alternano preghiere, processioni e momenti di violenza psicologica, richiamano un senso di claustrofobia e impotenza. Bellocchio mette in scena la brutalità non grafica, ma psicologica del potere. Le umiliazioni inflitte alla comunità ebraica, come il bacio forzato del pavimento della chiesa, rievocano il cinema carcerario, dove ogni gesto serve a ribadire la sottomissione dei più deboli. Non è solo un film storico: è una riflessione sull’intolleranza e sulla persistenza di strutture oppressive che, anche oggi, possono travestirsi da moralità o carità. Un’opera maestosa e necessaria, capace di scuotere lo spettatore con domande profonde sull’identità, sulla fede e sul potere. Non si limita a raccontare una storia, ma ci invita a riflettere sulle storture che ancora segnano il nostro tempo.
