Ieri sera si è svolta una nuova manche di Sanremo Giovani, il format guidato da Gianluca Gazzoli e pensato quasi come un talent, in seconda serata su Rai 2. Durante le varie puntate sei sono i concorrenti che si esibiscono di fronte a una giura professionale (composta da Ema Stokholma, Carolina Rey, Manola Moslehi, Enrico Cremonesi e Daniele Battaglia) che stabilisce i tre meritevoli di passare il turno. Ieri a vincere e ad aggiudicarsi un posto per la fase finale a 12 sono stati: Petit, Welo e Caro Wow. Se i nomi degli ultimi due potrebbero essere sfuggiti ai radar di chi non conosce artisti italiani emergenti, il primo è noto a tutti – o quasi.
Petit, infatti, ha partecipato ad Amici di Maria De Filippi nell’edizione 23 (quella di Sarah Toscano), arrivando in finale e secondo solo alla cantante pop di Amarcord. A un passo dalla vittoria del programma, il cantante nato da padre napoletano e da madre di origini francesi (il suo nome all’anagrafe è Salvatore Moccia), non ha ottenuto il premio più importante, ma è rimasto nel cuore dei fan. Gli stessi sono stati entusiasti di vederlo figurare nella lista di Sanremo Giovani quest’anno con la sua “Un bel casino”. In effetti, il brano è tra i migliori presentati sul palco di Gazzoli. Eppure è impossibile non notare una certa somiglianza con una canzone di Achille Lauro…
La sensazione è che la musica del ritornello di “Un bel casino” ricordi qualcosa. Quel crescendo, quella melodia che si apre, quel modo di far vibrare la voce su un tappeto sonoro quasi sospeso, fanno accostare il brano a “Perdutamente” di Achille Lauro. Ovviamente non si parla di plagio, né di copie. Nessuno punta il dito, ma la somiglianza nel colore emotivo è forte. E per chi segue la scena pop italiana, questi rimandi diventano un modo per leggere meglio la crescita degli artisti giovani. In fondo, anche Lauro ha attraversato generi diversi, dalla trap al glam rock, fino al pop teatrale che lo ha reso una presenza fissa a Sanremo. E questo parallelismo, in un certo senso, racconta qualcosa anche di Petit.
Salvatore Moccia, ha portato sul palco la sua identità: una miscela di rap melodico, influenze napoletane (almeno nella ‘cadenza’ della canzone) e pop. Chi lo ha conosciuto durante Amici ricorderà brani come “Guagliò” e “Mammamì”, ma anche il suo EP omonimo. Ieri, sul palco di Sanremo Giovani, tutto questo si è visto. Lo sguardo concentrato, la voce più matura, il testo che racconta un caos vissuto e non solo immaginato. Ma è il ritornello, ancora una volta, a fare il giro del pubblico. Perché “Un bel casino” ha quella vibrazione malinconica che ricorda certi brani di Lauro, soprattutto quelli più intimi, più essenziali, meno scenici.
E Achille Lauro non è certo un nome scelto a caso. Parliamo di un artista che ha segnato la storia recente del Festival con performance come “Rolls Royce”, “Me ne frego”, “Domenica” e il più recente “Incoscienti giovani”. Un percorso artistico che include anche l’Eurovision 2022 per San Marino con “Stripper”. È inevitabile che un giovane artista cresciuto in questi anni finisca per assorbire riferimenti, stili e atmosfere. La verità è che le due canzoni si toccano, ma non coincidono. Hanno punti in comune, soprattutto nell’idea di un ritornello che si apre come una confessione. Ma Petit resta Petit. E Lauro resta Lauro.
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