In prima visione stasera in tv su Rai 4 il crime-noir di Stefano Sollima: una visione che scuote e non lascia indifferenti.
Stasera su Rai 4, debutta in prima visione uno dei film più acclamati degli ultimi anni: Adagio di Stefano Sollima. Ha lasciato un segno importante nel 2023, tra premi e candidature a Venezia, i David di Donatello e i Nastri d’Argento. Un crime-noir capace di conquistare anche chi non ama il genere. Il regista torna ancora una volta nella sua Roma criminale, questa volta con un racconto ancora più cupo, intimo e maturo: una storia e una serata che non concedono tregua.
A partire dai primi minuti di messa in onda, Adagio punta tutto sull’atmosfera: fuoco e blackout che sembra anticipino il destino dei protagonisti e della loro Roma. Sollima non spettacolarizza nulla in modo semplice e gratuito, anzi. Tratta tutto con una malinconia lucida, quasi affilata. Il suo sguardo non giudica, piuttosto osserva, ed è quella la forza, ma anche la grande fragilità del suo cinema.
Al centro c’è Manuel, interpretato da Gianmarco Franchini, premiato ai Nastri d’Argento con il riconoscimento Graziella Bonacchi. Sedici anni, nessuna guida se non un padre che gli scivola tra le dita: Toni Servillo è Daytona, ex Banda della Magliana, stanco nel corpo e nell’anima. L’Italia del film passa anche da qui: dagli ultimi resti di una criminalità che non ha più il fascino dei racconti da bar, ma solo l’odore dell’inevitabile. Il ragazzo finisce in una trappola, incastrato da carabinieri corrotti e da un ricatto sporco come la Roma che il film restituisce. Quando chiede aiuto, bussano alla porta i due personaggi che costruiscono il cuore emotivo della storia: Polniuman di Valerio Mastandrea e Romeo “Cammello” di Pierfrancesco Favino. Due figure di peso nel cinema italiano, qui fragili, segnate, quasi spezzate. La loro corsa per proteggere Manuel diventa anche un modo per salvare ciò che resta di sé stessi.
La fotografia di Paolo carnera, premiata con Nastro d’Argento e Globo d’Oro, rende Roma una città apocalittica, ma anche poetica. Non è quella dei monumenti, ma una capitale che implode. Lo specchio perfetto della società odierna, logorata laddove la corruzione, diventa più crudele dei criminali stessi. Sollima lavora sulle pause, sui silenzi, sui non detti. E questa lentezza ragionata ha diviso la critica, ma ha convinto chi cerca un cinema che respiri, che lasci sedimentare. Tra Venezia 80, dove Adagio è entrato in concorso per il Leone d’Oro, e le nomination ai David di Donatello, il film ha riportato al centro della discussione il noir italiano contemporaneo. I Subsonica hanno conquistato il David per la miglior colonna sonora: un riconoscimento meritato, perché le musiche amplificano perfettamente la tensione mesta che attraversa tutto il racconto.
Non si tratta solo di un crime, ma di un film che racconta il peso delle scelte. Colpisce chi ha amato ACAB e Suburra: parla di legami irrisolti, padri e figli e una Roma e un’Italia che devono fare i conti con le proprie ombre. Stasera in tv su Rai 4 può conquistare un pubblico molto più ampio, quello che magari al cinema se l’era perso ma adesso vuole una storia forte, senza filtri, capace di lasciare una traccia.
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