Disponibile su RaiPlay, Altri tempi è la fiction Rai del 2013 che torna oggi con una forza sorprendente. Lo fa grazie a un intreccio storico, emotivo e sociale che parla al presente più di quanto immagini. Due puntate, una sola direzione: addentrarsi nella battaglia della senatrice Lina Merlin, la donna che ha cambiato per sempre il destino di migliaia di italiane. Al centro di tutto c’è Vittoria Puccini, intensa e fragile, cupa e luminosa, nei panni di Maddalena, una donna che decide di consegnare la propria vita a una lettera. Una storia che non perdona e non consola, ma che restituisce voce a chi, per decenni, non l’ha avuta.
La vicenda si apre nella Torino degli anni ’50, tra vicoli scuri, bordelli regolamentati e un Paese che finge di non vedere. Maddalena è una prostituta. Porta sul corpo e nella memoria ferite che non si rimarginano. Decide di raccontarle alla senatrice Lina Merlin tramite una lunga lettera che diventa la spina dorsale del racconto. Parla di una famiglia distrutta. Della violenza subita quando era ancora troppo giovane per difendersi. Dello sprofondare in una realtà che non perdona errori e non concede alternative. E parla della sua salita, lenta e dolorosa, verso una forma di riscatto. Maddalena diventa proprietaria di un bordello e osserva ogni giorno il destino di molte ragazze come lei. Vite sospese, interrotte, che chiedono solo di essere viste.
Attraverso i suoi occhi, il pubblico entra in un universo che la storia italiana ha rimosso in fretta. Un universo che la Legge Merlin, nel 1958, ha provato a cambiare smantellando per sempre le case chiuse. Non senza polemiche, non senza resistenze e non senza dolore. La fiction Rai, diretta con mano ferma e rispettosa, non spettacolarizza nulla. Mostra, suggerisce, sussurra. E proprio per questo colpisce più forte.
Oltre alla straordinaria Vittoria Puccini, la miniserie può contare su un ensemble che sostiene la narrazione con una maturità rara. Valentina Corti, Francesco Scianna, Stefania Rocca, Elena Radonicich, Camilla Semino Favro e Michela Cescon costruiscono un mondo credibile, vivo, pulsante. Ogni volto porta con sé un pezzo di quella società. Ogni gesto ricorda un’Italia dove la parola “diritti” non significava ancora nulla. Ogni scena tiene accesa una verità scomoda: siamo figli di battaglie che abbiamo dimenticato troppo in fretta.
Altri tempi non ha collezionato premi importanti. Non perché non li meritasse, ma perché è arrivata prima che la TV italiana fosse pronta ad ascoltare storie così dure con un linguaggio così asciutto. Eppure, il suo impatto è stato enorme. Accese un dibattito nazionale sulla prostituzione e sulla Legge Merlin. Riportò la figura della senatrice al centro del discorso pubblico. Fece riflettere, costrinse a ripensare un pezzo di storia che sembrava lontano e invece tornava a pulsare. La fiction divenne un caso culturale proprio per la sua capacità di essere rispettosa e incisiva allo stesso tempo. Mostrò una realtà poco raccontata, senza cedere al sensazionalismo. E restituì dignità alle storie reali delle donne dell’epoca.
Altri tempi non è una fiction da guardare distrattamente. Ti prende piano, poi affonda. Ti accompagna, poi ti scuote. Ti racconta una verità che non fa comodo, ma che serve. La macini in un weekend. Due puntate, nessuna pausa. E quando finisce, rimani lì, a pensare. A quello che siamo diventati. A quello che dobbiamo ancora diventare. È la fiction Rai più cruda e necessaria proprio per questo. Perché non intrattiene soltanto. Interroga. Ferisce. Illumina. E dopo avertela raccontata, entra sotto pelle senza chiedere permesso.
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