Tim Burton non dirige semplici film: crea mondi che restano in noi come una stanza segreta, sempre pronta a riaprirsi, e “La fabbrica di cioccolato”, in onda stasera in tv alle 21:25 su Italia 1, appartiene a quella rara categoria di opere che superano il tempo, le mode, persino il ricordo della prima visione.
Nel 2005, Burton trasformò il romanzo di Roald Dahl in una fiaba moderna. Scelse Johnny Depp come volto di Willy Wonka, un’artista tormentato che nasconde paure, solitudini e un talento che sfiora la follia. Al suo fianco, un giovanissimo Freddie Highmore diede voce e innocenza al piccolo Charlie Bucket, bambino poverissimo ma ricco di speranza. Accanto a loro, una sfilata di interpreti indimenticabili: Helena Bonham Carter, David Kelly, Christopher Lee, Deep Roy, AnnaSophia Robb, James Fox, Julia Winter, Jordan Fry, Philip Wiegratz.
Il risultato conquistò pubblico e critica. Arrivarono nomination prestigiose: dagli Oscar ai Golden Globe. Arrivarono premi come il BAFTA, il Ciak d’oro, il Nastro d’argento, i riconoscimenti dei Critics’ Choice e il consenso dei più giovani con il Teen Choice Award. Ma la vera vittoria fu altrove: nel legame emotivo che il film lasciò nelle persone che lo videro. Perché “La fabbrica di cioccolato” non è solo un film. È una memoria collettiva. È la promessa che il sogno, se lo guardi con occhi limpidi, può ancora salvarti.
Charlie Bucket vive ai margini del mondo. Una casa che crolla. Un futuro già segnato. Un sogno che sembra troppo grande per un bambino così minuto. Ma la vita, a volte, apre spiragli inattesi. Il biglietto d’oro appare tra le sue mani come un destino che non ammette esitazioni. La fabbrica di cioccolato è un universo a parte. Le porte si chiudono alle spalle dei visitatori e tutto cambia. Ogni stanza nasconde una prova. Ogni scena svela un tratto dell’animo umano. Gola, vanità, arroganza, dipendenza. Charlie osserva, assorbe e rimane intatto. La sua bontà non vacilla. Il suo sguardo resta puro anche davanti alle tentazioni più seducenti. Willy Wonka lo vede. Lo riconosce. Sente che quel bambino ha qualcosa che lui ha perduto da tempo. Ed è in quel momento che la storia si ribalta. Non è più Charlie a dover essere salvato. È Wonka.
La loro relazione diventa cuore emotivo del film. Burton imprime nella pellicola un’intera riflessione sul rapporto con i genitori, sulla paura del fallimento, sulla mancanza di amore. Il personaggio del padre di Wonka, interpretato dal leggendario Christopher Lee, fu creato apposta per il film. Una scelta che cambiò l’identità del racconto, rendendolo più umano, adulto, struggente.
La magia non si ferma alla storia. Il film nasconde retroscena gustosi come i suoi dolci. Solo una parte delle caramelle era commestibile. Il fiume di cioccolato non era vero, anche se profumava davvero. Ben quaranta scoiattoli vennero addestrati per la scena di Veruca Salt. Molti elementi scenografici furono realizzati dalla cioccolateria “Choccywoccydoodah”. Il trono di Wonka arrivava direttamente dal “Batman” di Burton. E Freddie Highmore, timido ma amatissimo sul set, divenne subito favorito dalle giovani attrici presenti nella produzione.
Il successo si tradusse anche in numeri. Solo in Italia, il film superò i 10,9 milioni di euro al botteghino. Nel mondo, consolidò la forza del duo Burton–Depp e diede nuova linfa al cinema fantasy. Molti titoli successivi, da Alice in Wonderland a Sweeney Todd, ripresero proprio quel mix di gotico, malinconico e visionario che il film aveva definito così bene. Ma l’eredità più importante fu un’altra. Dopo “La fabbrica di cioccolato”, il modo di raccontare la fantasia cambiò. Hollywood capì che si potevano affrontare temi profondi attraverso storie per ragazzi. Capì che l’immaginazione poteva diventare un’arma narrativa potentissima. Capì che un personaggio fragile, come Charlie, poteva diventare simbolo di riscatto e dignità. Il mondo tornò a sognare. E a credere nella dolcezza. Anche quando la vita sembra amara.
Per questo il film funziona ancora. Per questo, a distanza di vent’anni, continua a stregare generazioni. E per questo, stasera in tv, vale la pena rientrare in fabbrica e aprire di nuovo quelle porte. La magia, quando è vera, non scade mai.
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