Un duello d’onore, una zarina, un amore che attraversa rivolte e confini: su RaiPlay è disponibile “La figlia del Capitano”, una delle fiction Rai più raffinate e dimenticate, capace di far sognare chi crede ancora nella forza dei sentimenti impossibili.
Quando andò in onda nel 2012, conquistò oltre 5 milioni e mezzo di spettatori. Oggi, più di dieci anni dopo, questo kolossal in due puntate torna su RaiPlay come un tesoro da riscoprire. Ambientata nella Russia di Caterina II, “La figlia del Capitano” fonde storia, passione e dramma in un intreccio che anticipa, con eleganza tutta italiana, la formula che avrebbe reso celebre Bridgerton.
Alla regia, Giacomo Campiotti avrebbe potuto firmarla, ma il merito va al team Rai Fiction che all’epoca puntò su un racconto classico rivisitato in chiave cinematografica. L’ispirazione arriva da Aleksandr Puškin, poeta e romanziere russo che con la sua opera del 1836 raccontava un amore che resiste alla guerra, alla politica e alle gerarchie sociali. Un tema eterno, che oggi vibra ancora con la stessa intensità.
Il protagonista è Primo Reggiani nei panni di Pëtr Grinev, un giovane aristocratico spedito per punizione in una guarnigione di frontiera. Qui conosce Mascia Mironova, interpretata da Vanessa Hessler, fragile e coraggiosa figlia del capitano. Il loro primo incontro è un colpo di fulmine, ma anche l’inizio di un destino pieno di ostacoli.
Attorno a loro si muove un mondo in fermento: la rivolta dei cosacchi, il carismatico ribelle Pugacev, l’ombra dell’impero e una zarina che osserva dall’alto le sorti dei suoi sudditi. In questo ruolo, Edwige Fenech – icona del cinema italiano – sorprende con un’interpretazione misurata e magnetica. È la prima volta che la diva degli anni ’70 indossa il mantello di Caterina II di Russia, e il risultato è di una regalità spiazzante.
Ogni scena è un quadro. I costumi, curati nei minimi dettagli, restituiscono la magnificenza del Settecento. Le riprese, divise tra Bulgaria, Italia e Russia, danno respiro cinematografico a un racconto televisivo di grande impatto visivo. Le distese innevate, le fortezze di legno, i balli di corte e i duelli sotto la neve sono immagini che restano nella memoria dello spettatore.
Il nemico in amore si chiama Svabrin (interpretato da Ludovico Fremont), un ufficiale che incarna la gelosia e la sete di potere. Con la sua ambiguità aggiunge tensione a una storia che alterna momenti di dolcezza assoluta a colpi di scena drammatici. Tutto si muove attorno a una domanda: fino a dove può spingersi l’amore quando tutto il mondo ti è contro?
“La figlia del Capitano” non è solo un adattamento letterario: è una riscoperta di stile e sensibilità. La regia gioca con la luce e i silenzi, restituendo una dimensione intima ai momenti più solenni. In un panorama televisivo che nel 2012 cominciava a guardare alle produzioni internazionali, questa miniserie portò un respiro europeo, senza perdere il cuore italiano. Il successo arrivò subito: nomination al RomaFictionFest, critiche positive e un pubblico fedele. Oggi, riguardandola, colpisce la modernità del racconto. La disabilità emotiva di un giovane uomo che impara a scegliere, la forza di una donna che non si arrende al suo destino, il carisma di un leader rivoluzionario che salva per riconoscenza: sono temi universali, che parlano ancora al pubblico di oggi.
Vanessa Hessler, all’epoca astro nascente, trovò in questo ruolo la sua consacrazione come eroina romantica e internazionale. La sua Mascia è pura, decisa, e sa trasformare la fragilità in forza. Dopo questa fiction, l’attrice continuò a lavorare in ruoli storici, da La regina dei castelli di carta fino a Romeo e Giulietta, confermando un’immagine elegante e contemporanea.
Primo Reggiani, dal canto suo, firma una delle sue interpretazioni più intense. L’arco del suo personaggio – da viziato a uomo maturo – è raccontato con delicatezza e verità. La sua evoluzione attraversa duelli, prigionie e un’accusa di tradimento che lo porta a un passo dalla condanna a morte. Ed è qui che la fiction trova la sua vetta: nel momento in cui il nemico diventa salvezza.
Pugacev, il ribelle che guida la rivolta dei cosacchi, risparmia Grinev per riconoscenza. È un gesto che ribalta le logiche di potere e introduce un tema attualissimo: la dignità umana al di là delle classi sociali. Un messaggio che, nel linguaggio poetico di Puškin e nella messinscena Rai, suona potente e universale. Dietro le quinte, la produzione curata da Edwige Fenech puntò sulla ricostruzione storica e su una fotografia calda, capace di fondere pathos e realtà. Il risultato è una miniserie che oggi può competere con le produzioni Netflix più curate, ma con un’anima autenticamente europea.
Il suo impatto non si è fermato al 2012. “La figlia del Capitano” ha aperto la strada alle fiction storiche successive: da Anna Karenina a La dama velata, fino a I Medici. Tutte hanno ereditato qualcosa da questa lezione di stile: la capacità di fondere la grande Storia con la piccola verità dei sentimenti. Guardarla oggi su RaiPlay significa riscoprire la delicatezza del racconto, l’arte del non detto, la potenza di una lentezza che emoziona. Due puntate bastano per tornare in un mondo lontano, dove l’amore aveva il profumo della neve e il peso di una scelta definitiva.
“La figlia del Capitano” è la fiction Rai che non ha bisogno di effetti o scandali per restare nel cuore. È una dichiarazione di amore alla fedeltà, alla giustizia e alla poesia. Un piccolo gioiello da divorare in due serate, sognando un amore che – oggi come allora – nessun impero può fermare.
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