Stasera in tv su Rete 4 l’adrenalina non dà tregua. Alle 21:30 va in onda The Bourne Identity, il film che ha riscritto le regole del genere d’azione e spionaggio. Diretto da Doug Liman e interpretato da un magnetico Matt Damon, è la pellicola che ha ridefinito l’eroe moderno: vulnerabile, silenzioso, ma capace di scatenare un’energia che nessuna spia aveva mai mostrato prima.
Non è James Bond, eppure l’ha battuto sul suo stesso terreno. Realismo, tensione, inseguimenti, identità spezzate. Jason Bourne non usa gadget o battute: usa l’istinto. Il suo mondo è fatto di strade bagnate di pioggia, passaporti falsi, spari improvvisi e segreti di Stato. È l’inizio di una delle saghe più amate del cinema contemporaneo, capace di influenzare persino la rinascita di 007 con Daniel Craig. La storia nasce da un romanzo di Robert Ludlum, ma sullo schermo prende vita nuova. Liman sceglie di modernizzare tutto: la tecnologia, i dialoghi, persino la paura. E così crea un thriller che profuma d’Europa e corre con il ritmo di un cuore in fuga.
Tutto comincia in Italia, nel Mar Ligure. Una notte, un peschereccio salva un uomo ferito che galleggia tra le onde. Nessuno sa chi sia. Lui stesso non ricorda nulla. Solo una piccola capsula sotto la pelle, con un numero di conto a Zurigo, lo lega a un passato oscuro. Quando apre la cassetta di sicurezza, la verità inizia a sanguinare: dentro trova armi, denaro e passaporti con nomi diversi. Uno porta la firma di Jason Bourne. Da quel momento, la sua vita diventa una corsa contro tutto. Contro la CIA. Contro il programma segreto Treadstone. E contro se stesso.
Con lui c’è Marie Kreutz, interpretata da Franka Potente, una donna che sceglie di fidarsi dell’uomo più pericoloso del continente. Insieme attraversano l’Europa, da Zurigo a Parigi, inseguiti da killer, agenzie e fantasmi del passato. Ogni tappa è una rivelazione, ogni fuga un pezzo di identità ritrovata. Chris Cooper è l’agente Conklin, il cervello del programma Treadstone. Clive Owen è il cecchino senza nome, freddo e preciso come una macchina. Brian Cox e Julia Stiles completano il quadro di una CIA divisa tra etica e controllo, mentre il mondo intorno crolla.
Quando Matt Damon accettò il ruolo, molti lo giudicarono “troppo intellettuale” per un film d’azione. Ma fu proprio questa diversità a renderlo leggendario. Nessun superuomo, nessuna posa da star: solo un corpo che soffre, corre, reagisce. Damon si allenò per mesi, imparando a combattere e a sparare come un vero agente. Ogni scena, ogni colpo, è reale. E il pubblico se ne accorse. The Bourne Identity incassò oltre 121 milioni di dollari negli Stati Uniti, divenendo un successo mondiale. In Italia superò i 4 milioni di euro. Non vinse Oscar, ma vinse qualcosa di più importante: il rispetto di chi cercava nel cinema d’azione una nuova verità. Le riprese in Liguria, a Imperia, regalarono all’Italia un frammento di leggenda. E l’inseguimento automobilistico tra le strade di Parigi è ancora oggi considerato uno dei più spettacolari mai girati. Nessuna musica roboante, solo rumore di motori e il fiato corto di chi fugge.
Con The Bourne Identity inizia una rivoluzione. Il genere spionistico abbandona il glamour e abbraccia la paura. L’agente segreto non è più un eroe, ma un uomo distrutto che cerca di capire chi sia. Dopo Bourne, anche il mondo di James Bond si è trasformato: da Casinò Royale in poi, la fragilità è diventata forza. Seguono i capitoli The Bourne Supremacy (2004), The Bourne Ultimatum (2007), The Bourne Legacy (2012) e Jason Bourne (2016). Tutti figli di quella prima scintilla. E ognuno prova a rispondere alla stessa domanda: fino a che punto puoi fuggire da te stesso?
Stasera in tv su Rete 4 non va solo in onda un film. Va in onda un pezzo di storia del cinema moderno. Un’opera che ha insegnato al mondo che la tensione non si crea con gli effetti speciali, ma con la paura di guardarsi dentro. Jason Bourne non è un nome. È una condanna. E un capolavoro che continua a correre, vent’anni dopo.
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