Ci sono film che non si guardano soltanto, ma si vivono, si subiscono e ti restano dentro come una scossa: “Whiplash” stasera in tv è uno di questi. Alle 23:15 su LA7 Cinema torna in onda il capolavoro di Damien Chazelle, vincitore di 3 Premi Oscar e considerato da molti critici uno dei film più intensi e perfetti del decennio.
Girato con un budget di appena 3,3 milioni di dollari, “Whiplash” ha scosso il mondo del cinema nel 2014. Nessun supereroe, nessun effetto speciale. Solo una batteria, un maestro spietato e un ragazzo disposto a tutto pur di essere il migliore. Il risultato? Un duello psicologico tra genio e distruzione che lascia senza fiato fino all’ultima nota. Alla regia c’è Damien Chazelle, lo stesso che due anni dopo avrebbe incantato Hollywood con La La Land. Ma qui la musica non è un sogno romantico. È un campo di battaglia. È sudore, sangue e ferocia. “Whiplash” non parla solo di jazz. Parla di ossessione, disciplina e sacrificio, dell’eterna lotta tra talento e dolore.
Andrew Neiman, interpretato da Miles Teller, è un giovane batterista che studia al prestigioso conservatorio Shaffer di Manhattan. Il suo sogno è diventare uno dei migliori musicisti jazz della sua generazione. Ma l’incontro con Terence Fletcher, insegnante di orchestra interpretato da un magnetico J.K. Simmons, cambierà per sempre la sua vita. Fletcher è carismatico, geniale, ma anche brutale. Insulta, umilia, pretende la perfezione assoluta. Per lui il fallimento non è un’opzione. E Andrew, invece di fuggire, decide di restare. Di resistere. Di battere la batteria fino a sanguinare le mani. La sua dedizione diventa follia pura, un’escalation di prove, fallimenti, rivincite e crolli che culminano in un finale leggendario di oltre dieci minuti senza dialoghi, dove tutto si consuma nella musica.
Nel cast anche Paul Reiser nel ruolo del padre, Melissa Benoist come Nicole, la ragazza che Andrew sacrifica per la carriera, e Austin Stowell nei panni di Ryan, il rivale in orchestra. Ma è l’alchimia tra Teller e Simmons a rendere ogni scena elettrica. Non c’è mai tregua. Solo sguardi, urla, silenzi, ritmo. Una danza tra maestro e allievo che si trasforma in una guerra interiore.
“Whiplash” ha conquistato il pubblico e la critica di tutto il mondo. Al Sundance Film Festival del 2014 ha vinto il Grand Jury Prize e il Audience Award. Agli Oscar si è aggiudicato Miglior attore non protagonista (J.K. Simmons), Miglior montaggio e Miglior sonoro. Lo stesso BAFTA e i Golden Globe hanno premiato la straordinaria interpretazione di Simmons, oggi considerata una delle più iconiche del cinema moderno.
Pochi sanno che il film nasce da un cortometraggio: Chazelle lo girò per trovare finanziamenti, vincendo subito al Sundance. Solo dopo quel successo poté realizzare il lungometraggio completo. Le riprese durarono appena 20 giorni, ma bastarono per creare un’opera di precisione assoluta. Ogni inquadratura è pensata come una battuta musicale. Ogni taglio di montaggio è un colpo di piatto. Il personaggio di Fletcher è ispirato a un vero insegnante di musica che Chazelle ebbe da ragazzo. Il regista ha raccontato di aver provato paura, ma anche ammirazione per quell’uomo capace di tirare fuori il meglio attraverso il terrore. E in “Whiplash” si sente tutto: la tensione, la rabbia, la fame di riconoscimento. È il lato oscuro della passione, raccontato senza filtri.
Nonostante la durezza, “Whiplash” è anche un film di amore. Amore per la musica, per la perfezione, per quel momento irripetibile in cui l’arte supera l’umano. Il finale, spesso citato tra i più belli del nuovo millennio, è un respiro sospeso. Un’apoteosi di ritmo e silenzio. E quando lo schermo si chiude, resta solo un pensiero: ne è valsa la pena?
Con oltre 50 milioni di dollari incassati nel mondo, il film ha reso Chazelle uno dei registi più influenti della sua generazione. Senza “Whiplash” non avremmo avuto “La La Land”, “First Man” o “Babylon”. Tutti, in modi diversi, nascono da lì: da quell’idea di arte come battaglia, di successo come ferita. Stasera in tv, chiunque accenderà LA7 Cinema vivrà un’esperienza che non si dimentica. “Whiplash” non è un film. È un assolo che ti travolge, un pugno che risuona nel petto molto dopo i titoli di coda.
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